I Moti aquilani furono un grande
momento di verità, irrrisolto, per l'intero Paese perchè "I Moti
hanno avuto il grande merito di aver svelato il problema del 900
abruzzese e di tutto l'Appennino: la fuga dalla montagna verso
la costa. Si è impoverita una intera area e resta sempre valida
questa domanda: e ora che ne facciamo delle aree interne? I Moti
quindi furono la rivendicazione dell'identità delle aree
interne, tra ricchezza e povertà, un grido tipo noi siamo qua, e
necessitava di una risposta sistemica". Lo dice all'ANSA la
professoressa Lia Giancristofaro, titolare della cattedra di
antropologia culturale presso l'Università D'Annunzio.
Per la Giancristofaro " era un allarme di tipo nazionale,
perché la cosa riguardava tutto l'Appennino, è tutta una civiltà
tagliata fuori".
Per questi motivi il ricorso alla memoria, prima ancora che alla
politica, impossibilitati a chiedere ben poco al sistema
economico,in Abruzzo quindi si è fatto anche ricorso ad una
terapia della memoria, fa capire la professoressa
Giancristofaro., perchè "La memoria abruzzese ha un sussulto
negli anni 80, con la nascita delle feste popolari, con un
percorso in parte nazionale e ispirato dalla storia con la
funzione di 'sostituire' le feste patronali, ma anche qui il
lavoro è stato degli 'storici', è effetto di ricerche, vedi
Mastrogiurato, Sulmona, Perdonanza: anche in questo caso si è
trattato di una autocelebrazione e di un governo
dell'immaginario locale - prosegue la studiosa - Risistemare gli
equilibri politicamente corretti e contribuire alla ricerca
identitaria, partecipando alle sfilate ecc. Le feste insomma
furono un antidoto non so se per un complesso di inferiorità, ma
certamente la politica non è neutra, perché si tratta di una
autocelebrazione anche con funzione integrativa, ti metti allo
specchio, ti dai una immagine e questo è un bene. A Pescara
questo non c'è, mentre c'è forte all'Aquila, a Lanciano perché
sono fuori traiettoria. Pescara pensa di avere ricchezze
'altre', vive per concentrazione demografica, di questa memoria
non sente bisogno perché non si sente dimenticata: il ricorso
alla ricreazione della memoria è più forte nelle aree che si
sentono ai margini. Pescara infatti ha una vita densa di non
luoghi, ma per un 20enne la vita è lì".
C'è da segnalare "la costante della ricerca di identità e
memoria è per quei territori che sono fuori dalle linee
demografiche, tra la costa e i monti, tra le aree interne e il
mare, e infatti i Moti questo furono. La pescarizzazione della
costa adriatica ha rafforzato la distanza tra centro e periferia
e fatto sorgere il bisogno di recupero di memoria della aree
interne, i Moti certificarono questo. La montagna ha bisogno
della nostalgia della memoria e questo crea conflitto. Vedi il
turismo: Roccaraso certifica la sua pescarizzazione, così come
il paradigma è Pescara-Rimini, e Roccaraso-Ortisei, ossia un
luogo la cui funzione è soprattutto economia, quantità, però è
un fenomeno fragile, vedi la pandemia che sta rimettendo tutto
questo in discussione. La strada giusta sarebbe quella di una
agricoltura sostenibile, con più spazio per le persone in
armonia, con una socialità più rarefatta con più paracaduti
sociali".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA