"Quando la situazione si sbloccò
ci fu il comizio che vide all'Aquila Pietro Ingrao, del partito
comunista, con un accordo che coinvolse sia i politici di
sinistra sia democristiani, ma dentro di me pensai che nella
decisione ha pesato il fatto che a Pescara c'è una maggiore
rappresentanza politica che spostò il baricentro della scelta a
favore di quel territorio con 7 sedi di assessorato su 10 a
Pescara e la conferma del capoluogo all'Aquila". Così
l'arcivescovo metropolita, Giuseppe Molinari, aquilano doc a
capo della Curia aquilana dal '98 al 2013, ricordando i
concitati e tesi 27 e 28 febbraio del 1971, i giorni più caldi
dei Moti dell'Aquila per la contesa con Pescara sul capoluogo e
sulle sedi degli assessorati. A 50 anni dal fatto, Molinari, 82
anni, a riposo nella casa della sorella all'Aquila, torna con la
mente a quei momenti.
"Ci furono incendi ad assalti in città - ricorda all'ANSA -
persino nella casa del democristiano Fabiani e nella sede del
Pci. Sono uscito finché si poteva, il 27 e il 28 sono stato
chiuso in casa, era un problema uscire tra sassaiole e scontri
tra dimostranti e polizia. Vedevo qualcosa dalla finestra del
seminario: la gente si infuriò quando venne fuori che il
consiglio regionale aveva deciso che le sedi di sette
assessorati sarebbero andati a Pescara e tre all'Aquila, come
poi successo. Ci furono incendi ed assalti in città, persino
nella casa del democristiano Fabiani e nella sede del Pci.
Qualcuno se la prese anche con il vescovo Stella che difendeva
gli aquilani non d'accordo con le sette sedi degli assessorati a
Pescara e tre a L'Aquila".
Molinari racconta un episodio vissuto personalmente: Un
gruppo di persone entrò in una porticina che dall'ingresso del
vescovado portava alla cattedrale attraverso la sagrestia e con
la fune cominciarono a suonare le campane, stessa cosa fecero in
altre tre chiese".
Il prelato racconta anche siparietti nell'ambito di quei
momenti di tensione. "Furono giorni pieni di tensione e
preoccupazione, ma non mancarono le macchiette simpatiche, come
quella del compianto don Angelo Mariani, sacerdote energico e
schietto, molto noto in città, che si unì ai contestatori: i
carabinieri lo caricarono sulla camionetta pere metterlo in
sicurezza, un gruppo di dimostranti, pensando che fosse stato
arrestato, gli chiese se serviva aiuto. Lui rispondeva 'state
calmi'".
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