di Lorenzo Dolce
(ANSA) - SAN GIOVANNI TEATINO, 22 DIC - Il suo ristorante si
trova in una piccola isola amministrativa - porzione di
territorio comunale circondata interamente dal territorio di
altri comuni - in cui, oltre alla sua attività, ci sono solo
poche case, alcune delle quali, dall'altro lato della strada,
già oltre i confini. Ora lui, un giovane ristoratore messo a
dura prova, come molti colleghi, dalla crisi dovuta
all'emergenza sanitaria, vive come una beffa le festività di
Natale, che pure con la vendita da asporto potrebbero consentire
di lavorare. Protagonista della vicenda è Manuel Di Michele, 23
anni, proprietario del ristorante "Artemide" di San Giovanni
Teatino.
La piccola isola amministrativa in questione è circondata dai
comuni di Chieti, Torrevecchia Teatina e Francavilla al Mare. Il
giovane ha già pronto il menù per il pranzo del 25 ed è al
lavoro su quello di Capodanno. Confermato, con l'approvazione
del decreto Natale, che gli spostamenti tra comuni sono vietati,
ad eccezione di quelli per far visita a parenti e conoscenti, il
ristoratore si è chiesto quali utenti potranno raggiungerlo per
il ritiro dei pasti. I suoi clienti abituali, che vivono nel
raggio di un paio di chilometri, rispettando alla lettera le
prescrizioni, infatti, non potranno farlo.
"Ho aperto alcuni anni fa con il supporto della mia famiglia
- racconta Di Michele all'ANSA - e le cose stavano andando nel
verso giusto. Poi è arrivata la pandemia, che ha stravolto
tutto. Con la riapertura estiva abbiamo ripreso a lavorare in
modo intenso. Ho investito per adeguarmi a tutti i protocolli di
sicurezza. Avendo spazi piuttosto ampi, pur rinunciando a buona
parte dei coperti, sono riuscito a garantire anche fino a due
metri di distanza interpersonale tra commensali, con grande
soddisfazione dei clienti. Ma gli sforzi sono serviti a poco:
dal 26 ottobre la chiusura serale e, poi, con il passaggio
dell'Abruzzo in zona arancione, la chiusura totale, che va
avanti ormai da oltre 40 giorni".
"Da alcune settimane guardavamo al Natale con fiducia -
aggiunge - Il mio è un ristorante di campagna. Per impostazione
e collocazione, non è un'attività che si presta all'asporto. In
queste settimane abbiamo cercato di tirare avanti come
possibile, spinti dalla fiducia della nostra clientela. Al
danno, ora, si aggiunge la beffa: in un periodo in cui si
potrebbe lavorare di più, i clienti di sempre, che sono a due
passi, ma che vivono formalmente in un altro comune, e tutti
coloro che abitano in zona non possono raggiungerci. Lavorare
con l'asporto è di fatto impossibile. Qui, lontano dalla città,
tra l'altro, i servizi di delivery non arrivano e, di
conseguenza, diventa difficile anche organizzarsi per le
consegne a domicilio. Dei ristori promessi nessuna traccia,
mentre le bollette si accumulano. In questo modo il mio
ristorante, su cui ho investito tutto negli ultimi anni -
conclude rassegnato il giovane - va incontro a morte certa".
(ANSA).