Da donne indifese a vere e proprie guerriere, in grado di gestire la quotidianità dei propri figli ma in alcuni casi in cui le malattie sono più gravi anche situazioni di emergenza medica. Diventano così, negli anni, le mamme dei bambini con malattie neuromuscolari, progressivamente invalidanti. Il loro percorso e' stato raccontato oggi in occasione di Ansa Incontra.
Piera, mamma di Emiliano con atrofia muscolare spinale (Sma) e Silvia, e' una di queste e il suo messaggio e' carico di coraggio. "Anche in una situazione in cui una mamma si trova per la prima volta a dover affrontare una malattia del proprio figlio - spiega - troverà la forza per andare avanti. Non solo per il bimbo, ma per se stessa e per la famiglia. Tutto il nucleo familiare e' da gestire e tenere saldo".
"Quando ho stretto Emiliano per la prima volta ho sentito un senso di protezione che fino ad ora non avevo mai provato- evidenzia Piera- non è paragonabile a nient'altro che c'era stato prima. Ho provato anche orgoglio: in quel momento e' nato un bambino ma anche una mamma. Quando ho saputo della diagnosi ho completamente rimosso il momento in cui mi è stato detto, come se non fosse successo nulla, come se non ci fosse nessun problema. Poi ho dovuto guardare in faccia la realtà, dura e cruda". Piera spiega come si svolge la sua giornata e le difficoltà che affronta.
"La giornata con Emiliano - sottolinea - inizia dalla scuola, dall'accompagnarlo all'uscio a differenza di molti amichetti che magari vengono lasciati al cancello, vanno da soli. Poi ci sono le terapie domiciliari, un via vai di terapiste e i compiti, anche per quelli ci sono delle difficoltà". "Silvia- prosegue- mi ha confessato che ogni volta che soffia le candeline, esprime un desiderio, e' sempre per far guarire il fratello. Tutto quello che può sembrare nero, brutto, pesante, ostile si può cercare comunque di migliorarlo".
"Per noi- aggiunge il professor Eugenio Mercuri,direttore del Dipartimento della salute della donna, del bambino e di sanità pubblica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e direttore scientifico del Centro Clinico NeMO di Roma, area pediatrica- è incredibile vedere come queste donne, queste caregiver evolvano negli anni. Nel momento della diagnosi siamo spesso responsabili di dare una notizia devastante.
Queste donne sono prima impaurite, addolorate, poi acquisiscono sempre più consapevolezza su quanto possa essere fatto per i propri figli. Non possiamo lasciare queste donne con il loro amore e la passione per i figli, dobbiamo fornire loro gli strumenti per poter fare tutto al meglio".