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Regista siriano, non contano armi chimiche ma 7 anni crimini Assad

Corte faccia giustizia, dice autore film su un padre jihadista

14 aprile 2018, 14:19

Redazione ANSA

ANSACheck

Dekki - RIPRODUZIONE RISERVATA

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FIRENZE - "A Trump ora interessano le armi chimiche, a me no. A me interessano tutte queste persone innocenti uccise, la tragedia del paese, la gente che ha perso le loro famiglie, che vive in esilio, che vede la storia del Paese distrutta". Il regista siriano Talal Derki ha parlato così a Firenze, dove ha presentato il suo ultimo documentario "Of Fathers and Sons" nell'ambito del Festival Middle East Now, dei nuovi sviluppi della crisi siriana sfociati negli attacchi di Usa, Francia e Gran Bretagna, della scorsa notte contro postazioni di Damasco. Una eventualità che il regista, che ha parlato con ANSAmed prima degli attacchi, ha comunque considerato fonte di altre sofferenze per i civili siriani.
Per Derki quello di sabato scorso è solo l'ultimo di una lunga serie di attacchi chimici che attribuisce senza alcun dubbio alle forze del presidente siriano Bashar al Assad. E solo l'ultimo di una serie di "crimini" - ha sottolineato a margine della presentazione del suo film, nel quale si propone come reporter filo-jihadista per entrare nell'ambiente familiare di un miliziano di Al Nusra - per i quali Assad deve essere giudicato da una corte di giustizia.
"Assad ha vinto la battaglia con gli islamisti - ha detto, nei giorni in cui le sue forze hanno ripreso il controllo delle aree della periferia di Damasco rimaste per anni nelle mani di milizie islamiste ribelli -, ma non la farà franca con la giustizia".
La partita siriana ha a che fare con l'"umanità" violata da Assad e la necessità di "giustizia", per l'autore del documentario premiato all'ultimo Sundace Festival, e non con la politica e le strategie delle potenze (dalla Russia all'Occidente) che hanno fatto della Siria "un campo di battaglia", ha proseguito, per il controllo della regione. "Il nostro cameraman di 'Ritorno a Homs' - ha detto in merito al documentario che ottenne il Gran Premio della giuria al Sundance Film Festival nel 2014 - è stato torturato e ucciso" nelle carceri di Assad. "Stiamo parlando di esseri umani - ha aggiunto parlando dei responsabili di quella e di tante altre morti - che pensano di poter governare il Paese". Ma nel 2018, ha proseguito "non può essere ancora possibile uccidere la propria gente con le armi chimiche o con la tortura nelle prigioni".
Assad, ha detto, "ora si prende la maggior parte del Paese, ma in nessun di quei villaggi la gente vorrà tornare, non vogliono tornare sotto la sua autorità".
Ma per Delki vanno fermati anche il presidente russo Putin, quello turco Erdogan e l'iraniano Rohani. "Io sono curdo - spiega -, Erdogan ha cacciato la mia famiglia da Afrin e ora lì ci sta Al Nusra", ha detto della fazione di ribelli vicini ad Al Qaida. "Dopo che i curdi hanno combattuto l'Isis per l'intero mondo civile e moderno, ora stanno cercando di togliere a questo popolo la libertà".

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