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Migranti: in Bosnia 'una tragedia annunciata'

Una tavola rotonda Ispi riflette sul dopo-incendio a Lipa

20 gennaio, 16:19

(ANSAmed) - ROMA, 20 GEN - La crisi del campo profughi di Lipa? Una tragedia annunciata. Questo il parere condiviso in una tavola rotonda online dell'istituto per gli studi di Politica Internazionale (Ispi) moderata da Matteo Villa. All'appuntamento sono intervenute Annalisa Camilli (giornalista di Internazionale e autrice del saggio "La legge nel mare") Silvia Maraone (attivista sul luogo per conto di Ipsia-Caritas) e Chiara Milan (Research Fellow presso l'università Normale di Pisa).

«Non era inaspettato che arrivasse l'inverno lungo la rotta balcanica, e non era inaspettato nemmeno quello che si produce da almeno 3 anni in quest'area, cioè che la rotta balcanica si spostasse in Bosnia — spiega la Camilli — dopo la costruzione del muro voluto da Orban in Ungheria e gli accordi tra Unione Europea e Turchia il transito è diventato più difficile ma quella rotta non si è chiusa del tutto».

In Bosnia, ricorda Silvia Maraone, erano attivi 7 campi profughi, ora ve ne sono 5. A complicare la situazione l'estrema frammentazione amministrativa della Bosnia-Erzegovina: un territorio diviso tra diversi cantoni i cui tassi di povertà ed emigrazione sono particolarmente elevati, e la cui divisione territoriale è fondata su differenze etniche. La corruzione - ha ricordato - è endemica e il rimpallo di responsabilità tra il governo di Sarajevo e i governi locali degli organi confederati non aiutano.

La situazione di Lipa, un campo per soli uomini, è particolarmente grave. Maraone ha descritto la situazione tragica in cui vivono i migranti (in maggioranza afghani e pakistani) dell'ex campo, ora in una struttura subito adiacente a quella distrutta dall'incendio del 23 dicembre e ribattezzata Lipa 2.0: «Le autorità di Bihać non vogliono più che i centri siano più all'interno della città. Questo campo da subito era stato definito non in linea con le norme internazionali di accoglienza. Manca acqua corrente, i gabinetti chimici sono letteralmente, mancano vestiti per gli ospiti, vi sono ospitate più di mille persone». Molti ospiti riportano sintomi febbrili e chiedono di parlare con un medico ma non c'è nessuna assistenza sanitaria.

«Inoltre, visto che i migranti non possono lavarsi né lavare i vestiti e la biancheria per colpa del freddo, si sta diffondendo la scabbia». Negli ultimi giorni, con l'istituzione della nuova struttura con un blando sistema di riscaldamento nelle tende, la situazione sembra leggermente migliorata, ma permangono i problemi strutturali denunciati ben prima dell'incendio.

«Sono tre anni che la Bosnia non si dota di centri di accoglienza. La situazione simile a quella raccontata nel 2017 per Belgrado, ma la Serbia in questi anni si è dotata di centri di accoglienza, la Bosnia no». Lo stato delle cose, denuncia Chiara Milan, è reso impossibile dall'eccessiva burocratizzazione delle procedure di richiesta d'asilo per i profughi: «Si stima che nel 2019 ci siano state 784 richieste d'asilo, ma di queste solo 3 sono state accettate. E per 400 delle totali non si è potuto procedere perché i richiedenti avevano lasciato la Bosnia a causa dell'eccessiva lungaggine delle pratiche, ben oltre i 313 giorni».

A preoccupare anche la questione dei respingimenti, alcuni avvenuti addirittura al confine italiano di Trieste e che, rimarca Milan, «sono violazioni degli accordi internazionali e delle direttive europee in tema di migrazione». Un forte sostegno sta arrivando dal basso, visto che diverse associazioni e comitati italiani si sono mobilitati per fornire risorse ai profughi intrappolati in Bosnia, ma gli ospiti del campo restano in quella che Milan in un suo articolo aveva definito «la quarantena permanente dei profughi».

Il video integrale del meeting è disponibile sul sito di Ispi al link https://www.ispionline.it/it/eventi/evento/bosnia-emergenza-migr anti-ai-confini-dellue (ANSAmed).

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