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Cibo: Roma, chef Ravaioli spiega il 'mangiare ebraico'

Tanti i piatti tipici italiani di insospettabile origine ebraica

15 settembre, 09:43

(di Virginia Di Marco)(ANSAmed) ROMA, 15 SET - Le orecchiette pugliesi? Provengono dalla tradizione ebraica. Come anche la crostata di ricotta e visciole, che figura nei menù di tutte le osterie romane. Da nord a sud Italia, tanti sono i piatti di larghissimo consumo che hanno un'insospettabile origine ebraica.

Lo ha spiegato ieri a Roma Laura Ravaioli, chef e volto storico di Gambero Rosso Channel, esperta di cucina giudaica, intervenuta al Festival internazionale di letteratura e cultura ebraica. "Il mangiare ebraico - ha sottolineato la chef - non è tanto un insieme di ricette: quanto, piuttosto, un modo di pensare e trattare il cibo. Le tradizioni culinarie sono tante quante le comunità ebraiche sparse in tutto il mondo, e ogni famiglia tramanda le proprie varianti dei piatti più popolari. Ma in questa enorme varietà di sapori e ingredienti c'è un filo rosso indissolubile: la 'kasherut'". Vale a dire la necessità di rispettare i precetti contenuti nella Bibbia, che indica chiaramente cosa e come si può mangiare e cucinare. Queste regole, pur codificatissime e molto minuziose, lasciano però spazio a gusto, ingegno e creatività. Quello che mangiano gli ebrei tripolini (nordafricani) non è quello che si trova sulle tavole degli ebrei ashkenaziti (Europa centro-orientale). "In Italia, per esempio, c'è una divisione netta tra le comunità ebraiche del nord e quelle del sud. Le prime utilizzano grasso d'oca, le seconde olio d'oliva". Sulla centralità del vino, invece, sono tutti d'accordo. "Nella Bibbia il 'frutto della vite' viene nominato 141 volte. L'importanza rituale e liturgica del vino è evidente a partire dalla cena di shabat, il sabato di riposo degli ebrei". Il venerdì sera, quando inizia lo shabat, le famiglie si ritrovano a tavola insieme. Prima di iniziare a mangiare, si fa il kiddush, la santificazione del sabato, e si benedicono vino e pane.

Anche quest'ultimo alimento, il pane, ha un posto speciale nella tradizione culinaria ebraica. "E' considerato pietra miliare dell'alimentazione, quindi fondamento della vita, e richiede speciali benedizioni quando si consuma. Il pane del sabato si chiama challah, di norma si prepara in casa e portarlo in tavola è una soddisfazione".

Un'altra fonte di grande soddisfazione, aggiunge Ravaioli, sono le polpette. "La cucina ebraica è una cucina per sottrazione.

Certe classi di alimenti sono vietate (ad esempio, sono 24 le specie di volatili proibite), come anche determinate preparazioni. Alcuni ingredienti mancano: non potendo mischiare carne e latte, per fare le polpette non si può utilizzare il parmigiano, che notoriamente è un ottimo per insaporire. Ma è proprio in casi come questi che interviene la mano e l'ingegno delle mamme e nonne ebree. Le quali, nel rispetto dei precetti biblici, riescono a cucinare piatti deliziosi. Dell'ingrediente che non c'è non si sente la mancanza. Basta assaggiare le polpette al sedano (piatto della cucina giudaico-romanesca, ndr) per rendersene conto". (ANSAmed)
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