A quella vicenda, che scioccò la Germania è dedicato 'Wir Sind Jung. Wir Sind Stark' (Siamo giovani, siamo forti) del giovane regista tedesco di origine afghana Burhan Qurbani, in concorso al Festival del Film di Roma. Girato in un drammatico bianco e nero (solo nel finale, con l'assalto al palazzo degli immigrati e l'incendio, con la polizia che se n'era andata, arriva il colore), il film segue la giornata di Stefan - figlio di un pavido politico progressista locale - ed i suoi amici, che trovano un senso alla loro vuota esistenza nell'odio verso gli stranieri e in una confusa nostalgia per il nazismo.
Dall'altro lato c'è Lien, giovane vietnamita che vuole integrarsi e che invece vede sfumare tutto il suo impegno nel turbine di violenza in cui viene risucchiata. In un momento, come quello attuale, in cui l'immigrazione rischia di diventare il parafulmine di tanti europei toccati dalla crisi, il film di Qurbani è una lezione sui rischi di questi periodi di 'transizione' - proprio come la Germania del 1992 - in cui l'orizzonte futuro non è chiaro e le minacce (vere o percepite) del presente rischiano di innescare pericolose minacce. Qurbani dà alla pellicola un doppio tono, quello del reportage giornalistico - le tv accese con le notizie della tensione che sale sono un leit motiv del film - e quello della narrazione delle dinamiche nel gruppo di giovani arrabbiati, che alla fine si uniscono (quando arriva il colore) dopo un'intervista televisiva di Stefan e gli altri, in cui i ragazzi confessano all'unisono di "non avere sogni".
Un ritratto spietato di una crisi di valori, umana, sociale, che somiglia in maniera inquietante all'attuale. (ANSAmed).