(ANSAmed) - GALLIPOLI (LECCE), 25 MAG - Venerdì prossimo, 27
maggio al Castello di Gallipoli, in provincia di Lecce, sarà
inaugurata la mostra "La prima aurora" di Simone Cerio. Il
reporter ha realizzato per Emergency un progetto fotografico
composto da 25 storie di migranti sbarcati sulle coste
siciliane. All'inaugurazione parteciperanno, oltre all'autore,
anche Alessandro Bertani, vicepresidente di Emergency, e Guido
Aprea, Commissario straordinario del Comune di Gallipoli. Si
tratta - viene spiegato in una nota - di un viaggio tra oggetti
recuperati, portati da Paesi lontani, abbandonati per strada e
reinterpretati che offrono al visitatore la possibilità di
un'approfondita riflessione sulla condizione di migrante.
"La mia famiglia è stata perseguitata per motivi politici e
io sono stato costretto a lasciare tutto. Mi sono portato dietro
solo ricordi, queste fotografie sul cellulare: i miei amici, la
squadra di calcio in cui giocavo, mille selfie, i tramonti, la
mia ragazza. E poi c'è questa foto. È venuta bene vero? L'ho
fatta con lo zoom". Gli occhi di Ibrahim luccicano mentre mostra
la fotografia dei gommoni finalmente tratti in salvo. È arrivato
in Sicilia dall'Eritrea e, nel Centro di prima accoglienza
Umberto I di Siracusa, aspetta di capire se potrà rimanere in
Italia. Tutta la sua vita fino a quel momento è nel cellulare
che mostra fiero al medico di Emergency che lo sta visitando. Il
progetto "La prima Aurora" - spiegano gli organizzatori
dell'evento - nasce dal desiderio di raccontare la storia di
Ibrahim e dei migranti che arrivano sulle coste italiane.
Sbarcano nei porti prostrati dal viaggio e pochi sanno da dove
vengono, che cosa cercano e chi sono. Simone Cerio ha visitato i
luoghi di sbarco e di prima accoglienza dove Emergency lavora.
Dall'incontro con i migranti è nato un ritratto corale da cui
emergono racconti e oggetti legati al viaggio attraverso il
deserto, alla traversata in mare e all'arrivo in Sicilia:
lettere e fotografie, piccoli gioielli o ricordi di famiglia, un
giocattolo trovato per strada, un paio di scarpe, un orologio da
bambino. Oggetti trovati nella spazzatura o regalati dai
passanti. "Gli oggetti, per lo più trovati nel luogo di
transito, - spiega Cerio - diventano simboli della dignità
quotidiana che questi protagonisti tentano di recuperare, una
volta chiusa la fase di separazione dalla propria terra".