"Il 2013 e' stato l'anno di Lampedusa e della formazione dell'identikit del migrante come naufrago, profugo che suscita compassione, pieta'. Dunque una trattazione piu' positiva rispetto al passato, ma sempre di carattere emergenziale" ha commentato Giovanni Maria Bellu, presidente di Carta di Roma. Ma quello di cui ha bisogno oggi l'Italia, ha sottolineato, "non è un giornalismo buono, o buonista, ma un buon giornalismo". Il rapporto di quest'anno è stato realizzato grazie al lavoro dei ricercatori delle Università di Bologna, Roma La Sapienza e Torino, e arricchito dai contributi di Attilio Bolzoni, Igiaba Scego e Gian Antonio Stella. A presentarlo anche Marco Bruno de La Sapienza, Marco De Giorgi dell'Unar (Ufficio nazionale Antidiscrimonazioni raziali), Carlotta Sami, portavoce dell'UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), e Valerio Cataldi del TG2.
I dati emersi dalla ricerca delle universita', oltre a riscontrare la scomparsa graduale del termine scorretto "clandestino", hanno evidenziato un raddoppio delle notizie dedicate all'immigrazione nel campione di testate esaminate, rispetto all'anno precedente, e l'insorgere di altre legate ad episodi razzisti che hanno avuto per protagonista l'allora ministro all'Integrazione Cécile Kyenge. Al centro dell'analisi c'e' stato il naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013. Un evento che ha catalizzato l'attenzione dei media in maniera eccezionale. Nel mese in cui si è verificata la tragedia, su 252 edizioni di quotidiani analizzate ben 181 (il 72%) hanno riportato il naufragio e gli sviluppi a esso connessi in prima pagina. Nella narrazione generale del fenomeno si e' confermata la tendenza a descrivere migranti, richiedenti asilo o rifugiati come figure passive, vittime degli avvenimenti e costrette a una migrazione forzata. (ANSAmed).