Pietro Bartolo, medico del Poliambulatorio di Lampedusa, tra i protagonisti del film di Gianfranco Rosi Fuocoammare, Orso d'oro a Berlino e candidato per l'Italia agli Oscar, torna nuovamente a fare accendere i riflettori sul dramma dei migranti. "In questi anni - spiega - mi sono state richieste centinaia di ispezioni cadaveriche sui corpi martoriati di chi era morto in mare, ma la mia attività professionale non è mai stata pagata".
Il medico, che dopo il successo di Fuocoammare è diventato un personaggio pubblico invitato anche in numerose trasmissioni televisive, sottolinea che la sua richiesta ha una valenza sociale. "Tutto quello che riuscirò ad ottenere - dice - verrà devoluto ai migranti. Del resto i corpi erano i loro. Questi soldi spettano a loro. Io non terrò per me nemmeno un euro".
Bartolo non ha idea della cifra che dovrebbe incassare: "Non mi sono mai informato - spiega - anche se ho fatto richiesta all'Asp per le prime 375 ispezioni cadaveriche".
Di questi esami strazianti e dolorosi, il medico ne parla anche in Fuocoammare. E' stato lo stesso regista, Gianfranco Rosi, a spiegare che la scintilla creativa è scattata proprio quando andò a trovare il medico nel Poliambulatorio dell'isola.
Nel film Bartolo racconta tutta la sofferenza nel vedere arrivare a Lampedusa i corpi senza vita di tanti disperati. Solo che quegli esami richiesti di volta in volta da carabinieri, guardia di finanza, capitaneria di Porto e dalla procura non rientrano tra i suoi compiti di medico dell'Asp di Palermo. Così Bartolo ha iniziato la sua personale battaglia per avere riconosciuto il compenso economico. E ha presentato una nota all'Asp in cui si legge che lui ha eseguito ben 375 esami, la sua collega Pola altri 4. "Effettivamente non ci risultano pagamenti per queste prestazioni nei confronti del medico Pietro Bartolo - dicono dall'amministrazione dell'Asp -. Abbiamo ricevuto una seconda nota, sempre a firma di Bartolo, inviata per conoscenza alla nostra direzione e a tutti gli enti che in questi anni hanno chiesto gli esami e non lo hanno pagato".
Il medico, divenuto ormai un simbolo della solidarietà e dell'accoglienza verso i migranti, non riesce dunque ad avere riconosciuto il suo lavoro dal punto di vista economico nonostante l'impegno e l'abnegazione dimostrati in tutti questi anni. L'ultimo esempio risale a lunedì scorso quando Bartolo ha potuto riabbracciare, a tre anni di distanza dal naufragio del 3 ottobre 2013 in cui morirono 368 migranti davanti alle coste di Lampedusa, Kilbreth, una giovane eritrea creduta morta durante le fasi del recupero dei corpi. Fu proprio Bartolo ad accorgersi che la donna, ormai data per morta e il cui corpo era stato sistemato dentro un sacco di plastica, respirava ancora e a prestarle le prime cure. Oggi Kilbreth non solo è viva ma aspetta un bambino e lo ha comunicato tra le lacrime al suo "angelo". (ANSAmed).