Così Giusi Nicolini, che da sindaca di Lampedusa è stata per anni la voce del dramma dei migranti e simbolo dell'accoglienza.
Quelli che rischiano la morte in mare "sono persone che non hanno altre possibilità per chiedere aiuto - osserva ancora l'ex sindaca, ieri ospite di un incontro pubblico alla Casa delle donne a Roma - e mi riferisco in particolare a quanti avrebbero il diritto di asilo. Ma non si fa nulla per evitare che partano così, e per offrire loro l'unica soluzione dell'ingresso legale e sicuro. E questa visione è andata peggiorando fino alla criminalizzazione delle Ong". Organizzazioni non governative che "coprono un vuoto istituzionale da parte dell'Europa e sostituiscono il lavoro dei mercantili, che soccorrevano lo stesso numero di persone". "Noi usiamo per noi la parola identità - ha osservato ancora Nicolini - ma non la riconosciamo agli altri. La nostra storia di emigrazione è piena di emozioni, ma a loro non gliele riconosciamo", confondendoli in una "identità omogenea". "A Lampedusa - ha aggiunto - abbiamo l'opportunità di conoscere i loro sogni, che spesso non sono quelli di fermarsi in Italia". Ed è giocoforza che si debba arrivare alla pratica dell'"accoglienza diffusa", quella dei migranti distribuiti in piccoli gruppi nei comuni, pratica per la quale sarebbero percepiti come risorsa". Da sindaco di Lampedusa, carica perduta il 12 giugno scorso dopo essere giunta terza per il rinnovo del Comune, Giusi Nicolini è sempre stata in prima linea nel difendere la causa dell'accoglienza e gestire le tante emergenze che hanno accompagnato il suo quinquennio. Molti i riconoscimenti ricevuti, ultimo e prestigioso quello dell'Unesco, per aver "salvato la vita" a molti e averli "accolti con dignità".
Ora resta membro della segreteria Pd, ma non demorde sul tema dei migranti. Anche se, dice a poco più di un mese dalla mancata rielezione, "ora sto riposando". (ANSAmed).