Una sorta di risposta "creativa" all'impotenza cui sembra condannarci la guerra siriana, in un momento in cui - sottolinea Michele Nicoletti, presidente della delegazione italiana al Consiglio d'Europa - i voti degli elettori si spostano proprio con le tragedia dei profughi, e non per cercarvi una soluzione, ma per agitare il problema e di cercare il consenso". Ma l'accoglienza è "un'obbligazione morale e giuridica", ricorda il deputato, richiamando non solo la normativa internazionale ma anche il ben più oneroso impegno di cui si sobbarca per esempio il Libano, dove ormai i profughi "sono più dei cittadini". Ma i corridoi umanitari sono anche un modello di "accoglienza capillare" nelle comunità locali, evidenzia il presidente della commissione Welfare Mario Marazziti, lontano dall'esperienza "fallimentare" dei Cara (Centri accoglienza per richienti asilo, ndr), un "lungo limbo" - lo definisce - per chi vi si trova.
Nel conflitto in Siria "noi europei facciamo fatica a scegliere con chi stare", osserva Lia Quartapelle (commissione Esteri) - ma sicuramente dobbiamo stare con i 12 milioni di sfollati e profughi siriani". E se le loro condizioni stanno peggiorando in Libano, Paese in bilico su precari equilibri interreligiosi, "la società italiana deve ripensarsi", aggiunge, "valorizzando percorsi virtuosi per una duratura integrazione".
In un video scorrono le immagini di Badheea che racconta e frammenti della vita che si è ormai lasciata alle spalle, mentre un suo congiunto annuncia di voler tornare appena possibile nel suo Paese, seppur distrutto dalla guerra: "un uomo non è niente senza patria". Badheea, avvolta nel suo hijab nero, risponde a chi le chiede cosa sia per lei la speranza: "sono i miei figli ed i miei nipoti, che possano avere la pace e la tranquillità".
E ringrazia, ringrazia l'Italia e chi l'ha aiutata fin qua: in particolare i volontari dell'operazione Colomba (il corpo civile dell'Associazione Giovanni XXIII), che sono stati sempre con loro quando vivevano nel campo di Tel Abbas, resi fragili anche dal fatto che Beirut, pur senza respingere i profughi, non riconosce lroo lo status di rifugiati perchè non aderisce alla Convenzione di Ginevra. (ANSAmed).