(di Diego Minuti)
(ANSAmed) - ROMA, 22 GIU - Tollerati, osteggiati, combattuti:
i salafiti, nel Maghreb, cercano non una identità politica (che
sentono perfettamente definita), ma la strada migliore per
potere veicolare le loro idee sul concetto di Stato e quindi
preparare la strada ad una presa del potere non necessariamente
a dispetto della democrazia. Percorsi diversi, a seconda dei
Paesi, ma dando la netta sensazione che i salafiti credono
fermamente di potere diventare protagonisti, anche se le loro
idee e, soprattutto, i loro gesti cozzano con una diffidenza
generalizzata.
Un caso emblematico è l'Algeria, saldamente laica, ma che,
per il gioco delle convenienze politiche, non intende inimicarsi
quella parte della società - ad oggi certamente residuale - che
vede nella corrente salafita il necessario correttivo al
presunto dilagante lassismo. Per questo, ad oggi, non ci sono
state prese di posizioni ufficiali per le sulfuree dichiarazioni
del salafita Abdelfetah Hamadache, star dei canali tv islamisti,
giunto persino ad auspicare il riconoscimento dell'Isis e,
quindi, il via libera all'apertura di un'ambasciata del
califfato ad Algeri. Al di là degli aspetti folkloristici delle
sue 'sparate', Hamadache cerca di dare ai salafiti la necessaria
visibilità per consentire loro di proporsi sulla scena politica
algerina. In tutto fa gioco per l'integralismo islamico, in cui
è importante proporre un modello magari approfittando della
colpevole distrazione di Governo, magistratura e polizia. Ben
diverso è quanto sta accadendo in Marocco dove il movimento
salafita è molto presente e non disdegna sortite ufficiali, ma
non creando una forza politica ufficiale.
La strada percorsa è quella certo più lunga della
penetrazione del tessuto dei partiti esistenti, con la creazione
di teste di ponte che, dal di dentro, possano veicolare le idee
del salafismo. Un progetto di lungo respiro, qui e là
punteggiato da iniziative pubbliche, come quella recente per
chiedere, con la liberazione degli ultimi responsabili ancora in
galera, la dolorosa pagina degli attentati del 2003. Richiesta
che sembra essere caduta nel nulla, dopo che negli anni scorsi
il dialogo avviato aveva portato a qualche risultato concreto
(come la scarcerazione di alcuni presunti ideologi della
corrente).
In Tunisia invece c'è un partito salafita, Hizb Ut-Tahrir,
che, dopo avere avuto l'autorizzazione a fare politica (dal
Ministero dell'Interno), va avanti a colpi di marce,
manifestazioni e richieste irricevibili (l'immediata adozione
della sharia). Ma, anche se condannato dai numeri raccolti nelle
consultazioni elettorali, Hizb Ut-Tahrir continua la sua
campagna, proponendosi come il guardiano dell'ortodossia
islamica in un Paese in cui la religione è importantissima, ma
non al punto da cancellare 50 anni di laicità formale.
(ANSAmed).
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