Pur se potrebbe apparire un paradosso, la morte in Libia di Abou Iyadh (sempre che essa sia inequivocabilmente confermata) se ha decapitato Ansar al Sharija tunisina, ha contestualmente confermato che la guerra contro il terrorismo non può essere vincolata al territorio, ma deve entrare in un'ottica di transnazionalità, e quindi di azione comune tra Stati alle prese con il medesimo problema.
Arrestare decine di salafiti o takfiristi, come stanno facendo le forze di sicurezza tunisine in quasi tutte le province del Paese (altro elemento inquietante), per assurdo che possa sembrare appaiono più d'aiuto ai governi regolari di Siria e Iraq, interrompendo il flusso di miliziani che vogliono unirsi all'Isis, ma meno alla Tunisia, dove la gente comune comincia a chiedersi perchè quest'opera di pulizia non sia stata fatta prima, quando pure erano evidenti le contaminazioni dell'Islam della parte della componente più estremistica sunnita. Anche l'enfasi data alla chiusura delle moschee ''irregolari'' (quelle sfuggite al controllo del Ministero degli Affari religiosi) è la conferma che si sapeva benissimo della loro esistenza e di come, in esse, si faceva un capillare proselitismo per l'Islam armato. Ma ci sono voluti i massacri del Bardo e di Sousse per spingere ad una azione che appare assolutamente intempestiva e priva di una vera capacità di rimuovere le metastasi integraliste.
(ANSAmed).
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