(ANSAmed) - TUNISI, 26 GEN - Analizzare i motivi profondi
delle proteste sociali che i giovani tunisini delle regioni
sfavorite in nome del diritto al lavoro e ad un maggior sviluppo
stanno portando avanti in queste settimane in Tunisia potrebbe
aiutare a capire se ci si trovi di fronte ad una semplice,
seppur di notevoli dimensioni, rivendicazione di diritti oppure
ad una seconda rivoluzione. Le rivendicazioni dei manifestanti
infatti sono le stesse di 5 anni fa, ovvero ''lavoro e
dignità'', meno corruzione e più sviluppo per le regioni
svantaggiate.
Dopo anni di promesse disattese, la pazienza del popolo
sembra essersi trasformata in una sorta di ''intifada'' del
lavoro. Ma oggi non è la dittatura, quanto piuttosto la
democrazia quella che non può soddisfare le legittime richieste
di questi giovani e questo fattore potrebbe rivelarsi molto
pericoloso, perché la democrazia potrebbe perdere il suo appeal
dinanzi agli occhi dei suoi cittadini più sfavoriti. Cinque anni
fa, l'avvertimento era stato piu' o meno chiaro: o le
istituzioni si occupano dei problemi sociali ed economici della
gente, o la Tunisia, in un modo o nell'altro, si ritroverà a
vivere situazioni anche violente. Le cifre sulla disoccupazione
giovanile di alcune regioni sono davvero allarmanti con un tasso
che sfiora il 30%, al quale bisogna aggiungere il fatto che solo
il lavoro pubblico risulta essere regolamentato e che i salari
sono oltremodo bassi. Impossibile pero' tracciare un quadro
preciso della situazione visto che il settore informale e quello
legato al contrabbando contribuiscono a creare qualche posto di
lavoro. Rimane il fatto che moltissimi giovani rimangono senza
alcuna occupazione. Ma alla domanda se ci si trovi di fronte ad
un altra rivoluzione molti analisti politici rispondono di no.
Anche se si ha l'impressionante sensazione di tornare al
passato, si possono riscontrare alcune differenze, piu' che
altro di tipo politico, rispetto ad allora. Contrariamente al
2011, le grandi masse di Tunisi non pensano che questi giovani
stiano attuando una rivoluzione e nemmeno che i fatti di questi
giorni ne siano il prolungamento. E' da notare inoltre che la
settimana di scontri, abbia causato fortunatamente un solo
morto, e centinaia di feriti lievi, per lo più tra le forze
dell'ordine, segnale evidente degli ordini impartiti delle
autorità di non calcare la mano sulla modalità repressione.
Finora la protesta non presenta alcuna colorazione politica o
sindacale ma c'e da scommettere che, se la situazione non viene
risolta in fretta, ci potrebbe essere presto qualcuno
interessato a strumentalizzare per interessi di parte l'intera
questione. (ANSAmed)
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