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Siria: ultima chiamata per la pace, senza rinvii

Ma tutti gli attori in campo dovranno rinunciare a qualcosa

16 febbraio 2016, 19:35

Redazione ANSA

ANSACheck
(di Stefano Polli) (ANSAmed) - ROMA, 16 FEB - Come in un macabro gioco dell'oca, la crisi siriana fa un passo avanti e molti passi indietro. E si avvicina pericolosamente ad un punto di non ritorno.

La matassa dei mille conflitti che si intrecciano tra Siria e Iraq è sempre più intricata e complessa e orami nessuno sembra più in grado di trovarne il bandolo e di orientarsi nella ricerca di una soluzione politica: si passa da una speranza flebile per un difficile stop alle ostilità al tragico massacro tra scuole e ospedali, dalle promesse per il dialogo di pace e di corridoi umanitari alle minacce di nuovi arrivi e nuovi partecipanti alla ressa siriana.

La diplomazia sembra impotente di fronte ai mille e diversi interessi che i tanti attori cercano di perseguire incuranti delle conseguenze delle loro azioni non soltanto in Medio Oriente ma anche per gli interi equilibri globali.

Si parla sempre meno dell'Isis che continua a prosperare tra una battaglia e l'altra, senza che la comunità internazionale sia in grado di costruire una vera coalizione degna di questo nome. I bombardamenti russi e siriani si concentrano sui ribelli al regime di Assad, quelli turchi sui curdi e quelli aerei americani non sembrano così efficaci e così convinti.

E' evidente però che le bombe non possono essere la soluzione. Ma è altrettanto vero che i negoziati sono frenati, se non bloccati in una guerra che, per certi versi, riporta, a tratti, ai toni dimenticati della guerra fredda.

La guerra per procura tra sciiti e sunniti rischia di diventare qualcosa di più grosso e più complicato con una contrapposizione tra Usa e Russia che ogni giorno appare più evidente.

L'annunciata discesa in campo dell'Arabia Saudita, che ha già spostato alcuni F-15 nella base turca di Incirlik e che minaccia l'uso delle truppe di terra, potrebbe rappresentare il terribile salto di qualità di una guerra che rischia di sfuggire definitivamente al controllo dei suoi protagonisti e rendere tragicamente attuali le parole del ministro della difesa israeliano Moshe Yaalon: "Sappiamo come fare una frittata da un uovo, ma non come fare un uovo da un frittata".

La frittata è quasi pronta e per la comunità internazionale questa è l'ultima occasione per ritrovare il bandolo della pace.

E' l'ultima chiamata per raggiungere la pace. Ma tutti dovrebbero rinunciare a qualcosa: la Russia e la Siria fermare la loro escalation militare, Barack Obama decidere finalmente di impegnarsi e riprendersi concretamente quel ruolo che Vladimir Putin gli ha strappato in questo angolo di mondo, Teheran e Riad riflettere bene sugli scenari terribili che si aprono in seguito alla loro "proxy war" senza quartiere. E tutti insieme sedersi al tavolo della politica e concentrarsi di nuovo nella lotta all'Isis.

Adesso, senza più rinvii.

E forse, anche l'Europa, se ne è capace, potrebbe realizzare che questa è la grande occasione per costruire una vera politica estera e di sicurezza comune. Servirebbe un colpo di reni all'altezza della storia europea. Quando se non adesso, di fronte alla minaccia del terrorismo, alla crisi dei migranti e a un mondo che cambia molto velocemente? Lo può fare l'Europa di oggi alle prese con i calcoli del rapporto tra Pil e deficit e con la costruzione di muri e barriere al suo interno? Purtroppo l'Europa di oggi sembra non avere idee, coraggio e volontà comune. Sembra lontana dagli ideali che sono alla base della sua costruzione. E' un'Europa senza memoria. E molto probabilmente, se continua così, anche senza futuro.

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