Resta il problema del 'day after' una eventuale vittoria. La sconfitta dell'Isis potrebbe rappresentare un "incoraggiamento" per tutte le milizie libiche "a unirsi".
Intanto, a Tripoli negli ultimi giorni 12 detenuti accusati di aver preso parte alla repressione contro i ribelli anti-Gheddafi nel 2011 sono stati liberati, e l'indomani mattina trovati uccisi in varie parti della capitale. "Il livello di caos, in tutto il Paese, è molto forte e anche il governo più efficiente ci metterà molto tempo a controllare questo caos. E il governo Sarraj non è certamente il più efficiente", sottolinea Toaldo. "L'uccisione dei gheddafiani è un segnale preoccupante; la loro liberazione rientrava nel percorso di riconciliazione tra le milizie di Misurata, 'azionista di maggioranza' del governo di unità e vasti settori" legati al defunto rais, anche per evitare quello che è accaduto in Iraq, dove l'ex regime si è schierato con l'Isis". Ma evidentemente a Tripoli "non tutti condividono questa riconciliazione".
E gli Stati Uniti, qual è il loro ruolo nel Paese? "Bisogna tener presente che la Libia non è mai stata importante per gli Usa. Tanto meno ora, dopo l'attacco a Bengasi nel 2012", quando morirono l'ambasciatore Chris Stevens e altri tre statunitensi. Una vicenda, al centro di nove inchieste negli Usa, immortalata nel film '13 Hours' di Michael Bay. Dopo la strage, e le polemiche contro l'allora segretario di Stato Hillary Clinton, "Barack Obama ha paura che qualsiasi legame forte tra l'amministrazione e la Libia possa essere visto con sospetto".
Preoccupa la crescita dell'Isis, ma la presenza Usa "è discreta, con alcuni raid mirati. L'obiettivo politico è quello di evitare la frantumazione del Paese in mille pezzi". (ANSAmed).
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