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Analista, 'Caduta di Raqqa non e' la fine del jihadismo'

Trentin: 'Duro colpo all'Isis, ma gli attentati continueranno'

25 ottobre 2017, 15:50

Redazione ANSA

ANSACheck
(di Lorenzo Trombetta) (ANSAmed) - BEIRUT - La caduta di Raqqa, ex roccaforte dello 'Stato islamico' nel nord della Siria, ora in mano alle forze curde sostenute dagli Stati Uniti, non significa necessariamente la fine degli attentati terroristici attribuiti all'Isis, ne' la fine dell'insurrezione jihadista in Iraq e Siria. E' la sintesi dell'analisi di Massimiliano Trentin, ricercatore dell'universita' di Bologna e curatore del recente volume "L'ultimo califfato" (Il Mulino, 2017) dedicato proprio al fenomeno dell'Isis nella regione.

Secondo Trentin, raggiunto telefonicamente dall'ANSA, "la centrale politica dell'Isis non era solo a Raqqa, ma si trovava - e forse ancora si trova in parte - in uno spazio compreso tra la Siria e l'Iraq. La centrale politica puo' essere anche caduta, ma gli attentati potranno continuare perche' i gruppi sono tanti e le loro motivazioni rimangono".

Analogamente, con la caduta di Raqqa "l'organizzazione dello Stato islamico puo' aver perso la battaglia militare ma non ha perso quella delle idee, ne' tantomeno quella politica". L'Isis, prosegue Trentin, ha ancora la capacita' di presentarsi come alternativa. "Oggi e' comunque difficile dire se lo Stato islamico scomparira'. E' probabile che in futuro prenda altre forme", aggiunge Trentin.

Lo studioso italiano riconosce che la caduta di Raqqa "e' una perdita importante. Come lo e' stata la caduta di Mosul", nel nord dell'Iraq, avvenuta nel febbraio scorso. "La notizia odierna era attesa da tempo", afferma. Da quando era iniziata nel novembre 2016 l'offensiva curdo-americana su Raqqa, "i rapporti di forza erano chiaramente a favore delle forze curde".

Certamente, prosegue Trentin, "l'Isis ha perso gran parte della sua capacita' di farsi carico del governo di un territorio e della sua popolazione, e della gestione delle risorse dell'area".

Sulle prospettive future per i miliziani siriani e iracheni dell'Isis, il ricercatore dell'universita' bolognese afferma che "l'organizzazione potra' riprendere le armi in forme diverse potra' rialzare la testa, ma solo se non ci sara' nessun'autorita' centrale e locale che avra' risorse sufficienti per ripristinare delle forme di governo nelle zone rurali", tra Siria e Iraq.

"Non bisogna dimenticare - afferma Trentin - che l'avanzamento dell'Isis in Siria tra il 2013 e il 2014 e' avvenuto non solo tramite l'esercizio della violenza ma anche grazie alla costruzione di alleanze con gruppi di potere locali". Per questo, afferma il ricercatore, i miliziani dell'Isis "potranno trovare nel territorio appoggi e sostegno: potranno cambiare veste, essere cooptati dagli attori militari che prenderanno il posto dell'Isis nell'area".

A livello regionale e' importante sottolineare come la dissolvenza dello Stato islamico, non solo dal punto di vista territoriale ma anche mediatico, fa riemergere le divisioni politiche preesistenti alla nascita del fenomeno Isis. Come accade in Iraq in queste ore, afferma Trentin riferendosi alla crisi di Kirkuk. Si definiscono delle alleanze secondo convergenze di interessi di lunga durata, come avviene tra Iran e Turchia. Mentre si riaccendono conflitti, come avviene tra Stati Uniti e Iran, "con i primi che cercano di contenere l'espansionismo dei secondi nella regione".(ANSAmed).

Z10 17-OTT-17 18:45 NNNN

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