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Foto: Roma ricorda massacro di Sabra e Chatila 30 anni dopo

20 scatti raccontano vita campi profughi palestinesi in Libano

09 luglio, 14:30

Gaza Hospital, Campo di Chatila, Beirut, Libano, 2010. Gaza Hospital, Campo di Chatila, Beirut, Libano, 2010.

(di Cristiana Missori) (ANSAmed) - ROMA - Indigenza e grande dignita'; anziani che piangono i loro figli massacrati in quei maledetti giorni di settembre 1982, e bambini che cercano di immaginare un futuro migliore. Chiaroscuri che ben descrivono la vita di oggi nei campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila, periferia di Beirut, proposti nelle immagini di Laura Cusano, nella mostra "Notte molto nera - Sabra e Chatila, una memoria scomoda", da oggi alla Casa della Memoria di Roma. Venti scatti per non dimenticare, trent'anni dopo, il massacro ordito dalle milizie cristiane libanesi in una zona controllata dagli israeliani, come ricorda la fotografa e antropologa ad ANSAmed. "Nel 2010 sono stata in Libano al seguito del 'Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila', nato dieci anni prima per volonta' del giornalista scomparso Stefano Chiarini, con l'intento di sottrarre il massacro dall'oblio". Nei campi la Cusano rimane una settimana. "Ho potuto vedere e quindi raccontare da un punto di vista privilegiato le condizioni in cui vivono le migliaia di persone, anziani e giovani che affollano i campi". Immagini dense e forti che parlano si' di disagio, e disperazione, ma anche di dignita' e speranza dei piu' piccoli. "Identita' sospese", come lei stessa le definisce, perche' non sono né libanesi, né palestinesi, e che non vanno dimenticate. La mostra si divide in tre filoni, spiega l'autrice. "La memoria delle madri che chiedono giustizia per i propri figli scomparsi; la condizione di vita dei bambini e i cortei organizzati dal Comitato nei giorni della memoria". Pur non volendo avere alcuna connotazione politica, ricorda la Cusano, la rassegna le ha posto piu' di un problema con il Comune di Roma. A maggio, infatti, l'Assessorato alla Cultura aveva fatto sospendere la mostra, facendo cosi' parlare, da una parte della stampa, di censura. Il motivo, prosegue, era dovuto "a una frase scritta nel pannello introduttivo, in cui facevo un riferimento esplicito alle responsabilita' israeliane nella strage". Cosa, commenta la fotografa, che non sarebbe piaciuta molto alla Comunita' ebraica romana.

Oggi, con l'inauguazione tutto sembra superato e la mostra rimarra' aperta fino al 21 settembre. Quel che sembra chiaro, pero', e' che a distanza di trenta anni, i fantasmi di Sabra e Chatila pesano ancora come macigni sulle coscienze. (ANSAmed).

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