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Golfo: aumento arresti bloggers scomodi, ma Oman li grazia

Kuwait pensa pene più dure. Bahrein, sciopero fame attivisti

25 marzo, 16:37

Manifestanti con le immagini degli attivisti Nabeel Rajab e Zainab Al-Khawaja vicino a Manama, il 1 marzo 2013 Manifestanti con le immagini degli attivisti Nabeel Rajab e Zainab Al-Khawaja vicino a Manama, il 1 marzo 2013

(di Alessandra Antonelli) (ANSAmed) - DUBAI - E' una delle regioni al mondo con il piu' alto tasso di penetrazione di internet e social network ma nel Golfo petrolifero il rapporto tra spinta alla modernita' e rispetto delle tradizioni, tra mezzi cibernetici e sfide alla liberta' si mostra in tutte le sue contraddizioni.

Nell'ultimo anno si contano diverse decine di arresti e sentenze passate in giudicato nei contronti di attivisti, bloggers e twitteristi rei di aver offeso il sentimento religioso o sovrani, membri delle famiglie reali o politici di uno dei sei paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg).

L'ultima condanna ieri in Kuwait: due anni di reclusione nei confronti di Rashid Al Hajiri per aver offeso l'emiro ed aver incoraggiato la partecipazione a dimostrazioni illegali.

Altri due casi simili sono in discussione nei tribunali del potente emirato petrolifero in questi giorni mentre un terzo si e' risolto con il pagamento di una sanzione pecuniaria.

Sebbene gli arresti di blogger si siano registrati in ogni paese, dal Bahrein all'Oman dagli Emirati Arabi Uniti (Eau) all'Arabia Saudita, e' dal Kuwait che e' emersa la proposta di legge piu' severa contro i commenti via blog, twitter o social network: fino alla pena capitale per chi offende Allah e il suo profeta Maometto.

L'innesco, il giugno scorso, era stato offerto da Hamad Al Naqi, 26 anni, accusato di blasfemia con ramificazioni politiche con Arabia Saudita e Bahrein. Mentre la condanna finale e' stata di dieci anni di reclusione, il parlamento ha approntato una legge specifica che prevede in casi simili la pena di morte. La legge, tuttavia, non e' stata ancora ratificata.

Contro i social network si e' scagliato in questi giorni anche uno de imassimi esponenti religiosi sauditi, il mufti generale Abdul Aziz Al Shaiki, senza tuttavia arrivare a proibirne l'uso.

Esprimersi liberamente via Facebook e simili e' diventato rischioso anche negli Eau, il cui governo lo scorso dicembre ha arrestato l'attivista piu' giovane della storia del Paese, un blogger diciottenne. Un mese prima, un decreto presidenziale stabiliva pene detentive fino a tre anni per chi crea, gestisce o commenta su applicazioni elettroniche che deridono o danneggiano la reputazione del Paese, delle sue istituzioni e dei suoi simboli.

Situazione simile in Bahrein, il paese piu' politicizzato insieme al Kuwait, ma dove le tensioni tra sunniti (che governano il paese) e sciiti (che rappresentano l'ampia maggioranza della popolazione) amplificano ogni forma di protesta verbale anche via internet. Il caso piu' eclatante quello di Abdel Hadi al Khawaja, l'attivista politico e blogger considerato uno dei promotori della sollevazione del febbraio-marzo 2011, condannato all'ergastolo.

Proprio in questi giorni sia lui che la figlia Zainab, anche lei in carcere, hanno iniziato uno sciopero della fame e della sete dopo che - riporta il sito del Bahrain Center for Human rights, presieduto dall'altra figlia, Maryam - è stata loro nuovamente negata la possibilità di vedere i familiari. Particolarmente gravi, secondo i medici, le condizioni della ragazza, che rischierebbe il coma e l'arresto cardiaco. Diversa la ricostruzione del governo di Manama.

Direzione opposta, almeno al momento, quella intrapresa dall'Oman che pur avendo arrestato negli ultimi mesi decine di critici on the net, ha deciso di graziarli tutti. (ANSAmed).

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