(ANSAmed) - TUNISI, 17 FEB - Il recente caso del suicidio a El
Ouardia, quartiere Sud della capitale, di una 14enne impiegata a
tempo pieno come domestica presso una famiglia della media
borghesia tunisina, ha riacceso il dibattito sulla piaga dello
sfruttamento di queste bambine-domestiche con tutto il
corollario di violenze e abusi che questo fenomeno si porta con
se'. Numerose associazioni della società civile hanno pubblicato
un comunicato congiunto per denunciare il fenomeno che interessa
circa 40.000 minorenni in tutta la Tunisia e chiedere alle
autorità di proibire senza alcun ulteriore ritardo il lavoro
minorile e di conformarsi ai trattati internazionali firmati
dalla Tunisia nel quadro delle Nazioni Unite sui diritti
dell'infanzia.
Ancora oggi ogni anno infatti migliaia di bambine vengono
mandate dai loro stessi genitori a lavorare nelle case della
media borghesia tunisina per ragioni quasi esclusivamente
economiche e spesso il loro pur esiguo stipendio rappresenta una
fonte di sostentamento delle stesse famiglie. Il denaro poi
spesso non lo vedono nemmeno, perché debbono darlo ai loro
genitori. Lo stesso denaro che e' anche il vincolo che le
impedisce loro di ribellarsi, magari di denunciare quel che
subiscono, nel chiuso delle mura delle case che accudiscono sin
dall'alba e fino a sera, in un ciclo continuo, che le costringe
a restare sempre chiuse in casa, ad eccezione di quando escono
per comprare qualcosa per la famiglia. Mura che, talvolta,
possono anche diventare mute testimoni delle violenze sessuali
che le domestiche-bambine subiscono dai padroni (padre, figli),
nell'omertà delle donne della famiglia. Proprio per questo il
comunicato firmato da Beity pour les femmes sans domicile,
Association tunisienne des femmes démocrates, Association
tunisienne pour la recherche et le développement, Association
tunisienne de défense des valeurs universitaires, si conclude
con un appello rivolto al nuovo governo affinché faccia in
fretta a promuovere l'approvazione di una legge organica sulla
violenza contro le donne e a porre la lotta contro le violenze,
le discriminazioni di genere e l'esclusione tra le priorità
nazionali. (ANSAmed)
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