(di Alberto Zanconato)
(ANSAmed) - BEIRUT, 26 FEB - "Decine" di persone morte di
fame. Civili che sopravvivono mangiando erba, anziani e bambini
senza assistenza sanitaria. E' questa la situazione nel campo
palestinese di Yarmuk, alla periferia di Damasco, diventato
"simbolo della disperazione e della violenza" in un Paese
dilaniato da quasi quattro anni di guerra civile. E' quanto
afferma Francesco Rocca, presidente della Croce rossa italiana e
vice presidente della Federazione internazionale della Croce
Rossa e Mezzaluna Rossa, tornando a chiedere ancora una volta a
tutte le parti in conflitto di garantire l'accesso per gli aiuti
umanitari alle popolazioni che soffrono, a Yarmuk e in qualsiasi
altra parte della Siria.
Yarmuk, a pochissimi chilometri dal centro di Damasco, e' da
poco piu' di due anni assediato dalle truppe lealiste e
palestinesi fedeli al regime siriano, mentre all'interno
resistono forze ribelli e palestinesi loro alleate. Nel campo
vivono ancora 18.000 civili. "E' necessaria una tregua - dice
all'ANSA il presidente della Croce Rossa, a Beirut per una
conferenza - ma non di poche ore, bensi' di almeno una settimana
per potere valutare la situazione e adottare le misure
necessarie". Lo stesso, aggiunge, sarebbe necessario nelle tante
localita' del Paese in cui i civili sono intrappolati dai
combattimenti. "Tregue umanitarie sono state possibili in
diversi sobborghi di Damasco. Questa e' la strada da seguire".
Alle sofferenze dei civili esposti alla violenza dei
combattimenti si aggiungono quelle degli sfollati. Una piaga di
dimensioni bibliche che ha visto oltre la meta' dei circa 21
milioni di siriani costretti a lasciare le loro case. Oltre tre
milioni sono arrivati come profughi nei Paesi vicini: Libano,
Giordania, Iraq e Turchia. Piu' di 7 milioni sono sfollati
all'interno del Paese. "Spesso - sottolinea Rocca - vivono in
case ancora in costruzione, senza servizi essenziali come
l'acqua, esposti alle intemperie, con i bambini, che sono oltre
la meta', impossibilitati a frequentare la scuola e destinati a
soffrire per tutta la vita a causa delle ferite psicologiche".
La Mezzaluna rossa siriana, che ha gia' avuto 47 membri del
suo staff uccisi, cerca di continuare a portare soccorso ai
civili sia nelle aree sotto il controllo governativo sia in
quelle divise tra una miriade di gruppi ribelli e jihadisti.
Anche nei territori dell'Isis, dove operano volontari locali.
Un'assistenza garantita anche ai cristiani, come ai sunniti e
agli alawiti, assicura Rocca, anche perche' gli stessi volontari
appartengono alle diverse confessioni. "E' impossibile", afferma
il presidente della Cri, che la Mezzaluna siriana non abbia
assistito per una discriminazione religiosa i cristiani fuggiti
dal Nord-Est del Paese, dove sono avvenuti i rapimenti degli
ultimi giorni. Una risposta al vescovo siro-cattolico di
Hassakah-Nisibi, Jacques Behnan Hindo, che all'agenzia Fides
aveva denunciato il caso di famiglie assire fuggite che non
avevano ricevuto aiuto, "forse perche' cristiane".
"Come ha dimostrato in passato l'operato dalla Mezzaluna
Rossa nella cittadina cristiana di Maalula - ha sottolineato
Rocca - non esiste una discriminazione religiosa. Semmai il
problema e' quello di riuscire ad avere accesso alle popolazioni
bisognose. E quando si esce dalle aree controllate dal governo,
bisogna negoziare continuamente, un posto di blocco dopo
l'altro, chilometro dopo chilometro". "Questo - ha detto ancora
- e' quanto fanno quotidianamente, nel silenzio, i volontari sul
terreno. E certe dichiarazioni sono pericolose, perche' generano
dubbi sulla neutralità dei nostri operatori". (ANSAmed).
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