(di Diego Minuti)
(ANSAmed) - ROMA, 5 MAR - C'è una ragazza che siede, da oltre
vent'anni, nel paradiso dei martiri algerini per la libertà. Si
chiamava Katia Bengana e, a distanza di 21 anni, resta un
esempio per tante giovani perchè è, ancora oggi, il simbolo del
coraggio e delle determinazione. Coraggio perchè si rifiutò,
come avevano cercato di imporle gli jihadisti, di indossare il
velo integrale; determinazione perchè difese la sua scelta anche
quando il suo boia le punto il fucile alla testa facendola
esplodere sotto i proiettili. Katia è stata e resta un'eroina di
cui l'Algeria ha ripreso con vigore a onorare il ricordo sotto
la spinta emotiva delle efferatezze dell'Isis. Le poche immagini
conosciute di Katia mostrano una ragazza bellissima e dallo
sguardo fiero, come sono le donne kabile, note in Algeria per la
durezza del loro carattere, ma anche per come sanno difendere le
loro conquiste. E lei, Katia, la sua conquista l'aveva avuta
quando, studentessa eccellente, era riuscita ad avere la
possibilità di frequentare il liceo di Meftah (ad una
cinquantina di chilometri da Algeri) che ogni mattina
raggiungeva in autobus da El Kseur, dove risiedeva con la
famiglia. Erano gli anni '90, quelli della guerra civile e dei
massacri indiscriminati. La jihad - a quel tempo targata Gia -
conduceva due battaglie, entrambe feroci: con l'Esercito, che
non le dava quartiere; contro tutti coloro che non si piegavano
alla loro idea dell'Islam. Nella loro cieca visione, i
terroristi del Gia minacciavano le donne di morte se non si
fossero abbigliate col velo integrale (famosa la spettacolare
provocazione del 1994 quando Algeri si svegliò letteralmente
tappezzata di manifesti che annunciavano l'esecuzione delle
donne che disobbedivano). Katia non solo rifiutò le minacce, ma
cercò di convincere le sue amiche a fare come lei, a continuare
a vestirsi come volevano, magari con gli abiti della tradizione
kabila. Troppo per gli jihadisti che, evidentemente avevano
occhi ed orecchie ovunque. La mattina del 28 febbraio del 1994,
mentre Katia stava percorrendo a piedi il tratto di strada dalla
fermata del bus al liceo, un gruppo di 'barbuti' l'accerchiò e
la costrinse ad inginocchiarsi per ascoltare le sentenza di
morte emessa contro di lei, immediatamente eseguita sotto gli
occhi di testimoni terrorizzati, tra cui compagni di scuola
della ragazza. L'Algeria non ha dimenticato Katia Bengana
soprattutto in Cabilia che l'ha eletta a simbolo di una regione
irrequieta e dalle pulsioni indipendentiste. Ed in Francia una
strada di Villefontaine, nella regione di Grenoble, porta il suo
nome. Ogni anno, nell'anniversario della sua morte, la piccola
stele di marmo bianco, che porta scritti in verde solo il suo
nome e le date entro le quali s'è svolta la sua giovanissima
vita, viene coperta da fiori bianchi e rossi da coloro che, nel
1994, erano suoi amici e ora ne hanno raccolto l'eredità morale.
(ANSAmed).
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