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Strage migranti a Kalymnos, il racconto di Simone Perotti

Comandante 'Mediterranea', "vittime dell'ipocrisia"

30 ottobre 2015, 12:42

Redazione ANSA

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Kalymnos, strage di migranti (foto di Giuliana Rogano) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Kalymnos, strage di migranti (foto di Giuliana Rogano) -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Kalymnos, strage di migranti (foto di Giuliana Rogano) - RIPRODUZIONE RISERVATA

(ANSAmed) - KALYMNOS (GRECIA), 30 OTT - Abbiamo raccolto la testimonianza scritta ed il commento di Simone Perotti, comandate di 'Mediterranea' (www.progettomediterranea.com, www.simoneperotti.com) che si trova con la barca ed il suo equipaggio a Kalymnos, dove si è consumata l'ennesima tragedia dell'immigrazione.

"Sole luminoso, all'alba, sul porto di Kalymnos, isola del Dodecaneso, poche miglia da Kos. Accanto a Mediterranea, ormeggiata sul lungomare, c'è ancora qualche barca degli ultimi vacanzieri della stagione. La marina è attiva, i pescatori vendono il pescato della notte, i contadini del luogo il raccolto del giorno. Una giornata quieta, splendida come solo in queste isole del Mediterraneo".

"Ma questo non è più il luogo idilliaco delle vacanze degli europei. Per paradosso della storia, il Paradiso è diventato l'Inferno. Questo, oggi, è il confine d'Europa, la tragica linea del fronte tra i mondi in disequilibrio".

"Sul lato meridionale del porto, di fronte alla Capitaneria di porto, c'è un assembramento, decine di persone bagnate che tentano di scaldarsi con una coperta, stendono i vestiti ad asciugare, e piangono. Sono siriani e iracheni, per la maggior parte, e in questa notte senza onde e senza vento hanno tentato il valico del confine, un braccio di mare che qualche atleta potrebbe coprire a nuoto. Poche miglia da Bodrum che la loro barca, carica all'inverosimile, non ha retto".

"Ci avviciniamo, chiediamo: pare che a bordo fossero in trecento, ed è affondata. I morti accertati sembra siano ventiquattro, di cui undici bambini e un ferito d'arma da fuoco siriano su una carrozzina, diretto in Germania per curarsi. Uno di loro, una ragazza siriana, racconta che la capitaneria turca li ha scortati e poi, quando la barca era già in difficoltà, è rientrata. Forse perché al limite delle acque territoriali, ma nulla di tutto questo può trovare conferma. Mentre cerchiamo di capire qualcosa di più, una vedetta della Capitaneria molla gli ormeggi. Vanno a cercare altri corpi, e i marinai a bordo, mentre raccolgono le cime e affrontano l'uscita del porto, si fanno tre volte il segno della croce, per affrontare l'orrore con l'aiuto di Dio".

"Chiedo a un ragazzo. Mi dice che l'uomo che piange accanto a lui mentre abbraccia il figlio, sui sette o otto anni, anche lui in lacrime, ha perduto la moglie e l'altro figlio piccolo.

Piange senza un suono, è disperato. Il piccolo lo guarda, singhiozza, le lacrime gli scorrono rapide. Una donna più in là, bagnata, capelli a mazzetti per il sale, piange cercando di telefonare a casa. Molti hanno smontato i telefoni e li hanno messi al sole, per asciugarli. Vogliono avvisare che sono vivi, sono sopravvissuti".

Al termine del suo racconto, l'ideatore di Progetto Mediterranea attacca duramente Europa e Turchia per questa nuova strage: "Eccoli qui, di fronte a noi, i martiri dell'ipocrisia dell'Europa, che questi uomini, donne, bambini innocenti li fa transitare sul proprio suolo senza documenti, senza perquisizioni, senza bolli d'entrata, ma solo a patto che arrivino illegalmente. Ha bisogno di un fatto compiuto, l'Europa, per salvarli? Questo la assolve? Non potrebbe organizzare un transito in cui non muoiono innocenti? Meno ipocrita sarebbe che la capitaneria collaborasse coi frontalieri, impedendo almeno il sovraccarico delle barche. Meno ipocrita sarebbe organizzare traghetti, identici a quelli che i migranti prendono da qui per raggiungere Atene. Meno ipocrita, per quanto assurdo e inaccettabile, sarebbe fermarli e impedir loro il passaggio, se questo fosse l'unico modo per salvare vite. Meno ipocrita, anzi, doveroso sarebbe far valere anche per loro quei diritti umani inalienabili che sono scritti nella carta fondamentale europea. Ma l'Europa e la Turchia si coprono gli occhi, non vogliono vedere. Del resto muore gente senza nome, che non orienta alcun peso politico, alcun peso economico.

La presenza di questi disperati che fuggono dalle guerre su cui entrambe hanno ampie responsabilità, diventa legale, accettata, al prezzo del rischio della vita, con la grande soddisfazione dei contrabbandieri, chissà quanto privi di collusioni col potere e l'ordine pubblico degli stati. La Storia ci condannerà per ognuno di questi cadaveri. Per aver consentito. Per non aver impedito. Per aver perfino favorito questa tragica, evitabile, quotidiana contabilità dell'orrore". (ANSAmed).

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