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Migranti:Cir,un anno da accordo Ue-Turchia,bilancio negativo

Migliaia di profughi bloccati in zone 'non sicure'

20 marzo 2017, 13:19

Redazione ANSA

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Migranti: un anno da accordo Ue-Turchia, 'diritti calpestati ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Migranti: un anno da accordo Ue-Turchia, 'diritti calpestati ' -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Migranti: un anno da accordo Ue-Turchia, 'diritti calpestati ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

 - ROMA - A un anno dall'entrata in vigore dell'accordo Ue-Turchia, il Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir) ribadisce le critiche nei confronti del negoziato, che si basa sul riconoscimento della Turchia come "Paese terzo sicuro" o come "Paese di primo asilo". Uno Stato che mantiene tuttora la limitazione geografica alla Convenzione di Ginevra, escludendo siriani, iracheni, afgani dal riconoscimento dello status di rifugiato e che non può essere considerato un "Paese terzo sicuro" dove rinviare persone bisognose di protezione internazionale. A 12 mesi dalla sua entrata in vigore, sono migliaia gli uomini, donne e bambini bloccati in zone non sicure al di fuori dell'Europa, costretti a rotte sempre più pericolose per raggiungere il continente o intrappolati sulle isole greche.

Secondo le autorità elleniche, sono ancora 14.371 le persone bloccate negli hotspot, costrette a vivere in condizioni disumane. A ciò si aggiungono le denunce delle principali ong sugli abusi ai quali sono esposti i profughi bloccati in un limbo burocratico, dove le domande dei richiedenti d'asilo e i diritti umani vengono trascurati.

"Misure così restrittive - dice il presidente del Cir, Roberto Zaccaria - non impediscono alle persone in fuga di intraprendere il viaggio, ma lo rendono più difficile e di fatto ancor più insicuro. Nonostante la Commissione Ue tracci un bilancio positivo dell'accordo per la diminuzione degli arrivi sulle coste greche, nei primi mesi del 2017 sono stati più di 500 i morti nel Mediterraneo centrale. Solo il pieno rispetto del diritto d'asilo, l'apertura di vie legali e sicure come reinsediamenti, ricollocamenti, visti umanitari e ricongiungimento familiare, così come i visti per motivi di lavoro o di studio, rappresentano l'unica soluzione praticabile per porre fine alle morti e alle sofferenze ai confini dell'Europa, sia in terra sia in mare". (ANSAmed).

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