Mezzaluna Rossa Saharawi e Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli, ong italiana attiva nel campo della cooperazione, lanciano un appello per mantenere accesi i riflettori su questa emergenza umanitaria su larga scala, spiega Giulia Olmi, coordinatrice del programma Algeria e campi rifugiati del Cisp che, insieme ai presidenti della Mezzaluna rossa Saharawi, Buhubeini Yahya e del Cisp, Paolo Dieci.
Oggi pomeriggio alle 15, nella sede della ong, si tiene una conferenza stampa sulle condizioni di vita nei campi.
I tassi di mortalità infantile e materna sono elevati, l'anemia è diffusa e oltre alla mancanza di cibo ad allarmare è anche l'insorgenza di nuove malattie. Per esempio ''la celiachia che colpisce il 6% dei circa 150 mila profughi saharawi'', avverte Olmi, che ricorda come in Italia questa malattia tocchi l'1% della popolazione. Il cibo che viene inviato dai donatori, sottolinea, spesso non rientra nelle abitudini alimentari della popolazione locale - che in particolare non era solita mangiare il frumento che arriva con gli aiuti umanitari.
A fotografare la situazione alimentare nei campi e la gestione degli aiuti è un progetto messo a punto dalla Mezzaluna Rossa Saharawi e dal Cisp. Da 5 anni, racconta Olmi, uno staff di 23 donne saharawi sta portando avanti un programma di monitoraggio, casa per casa, per verificare la qualità e la quantità degli aiuti ricevuti e la garanzia del livello nutrizionale di base.
A preoccupare, poi, ''è soprattutto la continua riduzione di finanziamenti, passati da 12 milioni agli attuali 8 milioni di euro a favore dei profughi saharawi e ''l'annuncio, pochi mesi fa, della sospensione dello stanziamento da parte dell'Amministrazione Trump che ci ha colti di sorpresa''. Migliaia di persone - compresi bambini e adolescenti - rischiano di non ricevere cure e sostegni dignitosi adeguati.
(ANSAmed).
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