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Cinema: a Festival Cairo il rapporto amore-odio Siria-Libano

Con film Mahbas. Rassegna affronta tema guerra in Rain of Homs

24 novembre 2017, 11:04

Redazione ANSA

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Una scena del film 'Mahbas ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Una scena del film  'Mahbas ' -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Una scena del film 'Mahbas ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Cristiana Missori)

IL CAIRO - ''Ci hanno divisi, ma eravamo un unico popolo''. Libanesi e siriani, un rapporto di amore e odio. Ad averlo portato sul grande schermo è Sophie Boutros, regista libanese che al Festival internazionale del Cinema del Cairo presenta il suo primo lungometraggio, 'Mahbas' (Solitaire). Uscita nel Paese dei Cedri la scorsa primavera riscuotendo un notevole successo al botteghino, la pellicola sta girando in molte rassegne in giro per il mondo. La storia è quella di Therese, la moglie del sindaco di un villaggio cristiano nelle montagne del Libano che si prepara alla visita del promesso sposo di sua figlia Ghada, Samer, e dei suoi genitori. Eccitata, condivide la bella notizia con il fratello, ucciso da una bomba in Siria 20 anni fa, ma ancora idealmente presente in ogni angolo della casa, cui spesso si rivolge. Solo quando i tanto attesi ospiti suonano alla sua porta, scopre che sono di origine siriana. Prima di consacrare questo fidanzamento, dovranno passare sul suo corpo...Therese ordisce ogni sorta di macchinazione per mandare all'aria il fidanzamento con il ragazzo nato in una ricca famiglia della borghesia damascena.

Dialoghi vivaci, molto humor e una serie di personaggi divertenti - un padre infedele, una madre snob e il ritratto di un fratello morto che con sguardo vigile e inquisitorio veglia su quanto accade in casa allo scopo di impedire le nozze di sua nipote con un giovane che l'unica colpa che ha è di essere siriano - sono gli ingredienti di questa commedia che conta alcuni attori siriani molto noti. Con leggerezza e eleganza, Mahbas affronta un tema molto delicato, ''tabù'', come spiega la stessa regista, quello della relazione conflittuale e complicata tra due popoli vicini e molto simili, separati dalla storia.

Quella che per lungo tempo ha visto Damasco interferire pesantemente negli affari interni libanesi dall'inizio della guerra civile (1975-1990) fino alla fine dell'occupazione da parte delle truppe siriane nel 2005. In questo suo primo lungometraggio Boutros rievoca l'intolleranza e i cliché degli uni verso gli altri. Un tema che continua a essere di grande attualità. L'uscita del film lo scorso anno in Libano, ha coinciso con una recrudescenza del sentimento di razzismo nei confronti dei siriani rifugiati, ormai oltre 1,5 milioni in territorio libanese. ''Ma quello che ci unisce è molto più grande di quanto ci divide'', sostiene Boutros. Dai rapporti tra libanesi e siriani, alla guerra che ha devastato la Siria, il Festival del Cairo propone altre tre pellicole dedicate al Paese mediorientale: Rain of Homs (2017) del regista Joud Said, che narra la vita nella città vecchia della ''capitale della rivoluzione'', bastione dei ribelli dal dicembre 2012 al maggio 2014 quando viene ripresa dall'esercito regolare siriano. Said, trentaseienne regista siriano, gira gli ultimi tre mesi di assedio prima della liberazione. Protagoniste sono due sorelle, che con l'aiuto di un sacerdote, durante una evacuazione di civili, entrano nella città vecchia per cercare il fratello. Scheletri di cemento, distruzione, macerie, che raccontano la storia di chi non c'è più, di chi forse è morto o è fuggito, diventando un rifugiato. Sempre nella sezione dedicata al cinema arabo, il Festival del Cairo propone The Bees way (Tariq al Nahl, titolo di una canzone della famosa cantante libanese Fairouz), ultimo film (2017) di Abdellatif Abdelhamid.

Il noto regista siriano (classe 1954), sceglie di narrare la vicenda di due fratelli, tormentati dal desiderio di fuggire degli orrori della guerra o restare a Damasco. Infine, arriva nella capitale egiziana Insyriated del regista belga Philippe Van Leeuw (in Selezione Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma 2017), film di guerra ambientato in una casa di Damasco, in Siria, dove un piccolo gruppo di persone vive rinchiuso per difendersi dalla violenza esterna. (ANSAmed).

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