(ANSAmed) - TUNISI, 16 LUG - Non c'è pace nemmeno dopo la
morte per i corpi degli oltre 80 migranti vittime del naufragio
di un gommone partito dalla Libia e avvenuto lo scorso primo
luglio al largo delle coste tunisine di Zarzis. I corpi di 20 di
loro sono stati sepolti in una fossa comune ieri nel comune di
Zarzis, nel governatorato di Medenine. Il sindaco della città,
Mekki Laarayedh, ha dichiarato che i cadaveri sono stati
interrati con segni specifici per distinguerli, senza tuttavia
dare ulteriori precisazioni e che comunque la sepoltura ha avuto
luogo nel rispetto dei diritti umani. Laarayedh ha fatto appello
agli organismi della comunità internazionale perché mettano a
disposizione tutte le loro risorse per aiutare la municipalità
di Zarzis a far fronte ad uno dei "dei peggiori disastri che
abbia mai conosciuto la regione". Non è stato facile trovare un
luogo per seppellire gli 82 cadaveri del naufragio, non tutti i
comuni si infatti sono mostrati disponibili ad accettare la
sepoltura di persone non identificate. Sulla necessità di dare
una degna sepoltura a questi morti si è espresso recentemente il
Forum tunisino dei diritti economici e sociali (Ftdes). In un
comunicato l'ong definisce vergognoso il fatto che numerosi
cadaveri siano stati trasportati su camion, "principalmente
destinati al trasporto dei rifiuti" e che molti comuni si siano
"disinteressati delle loro responsabiità umanitarie e morali per
trovare un luogo decente per la loro sepoltura". Il Ftdes, si
legge nella nota, si felicita per il prelievo dei campioni di
Dna che consentiranno alle famiglie di identificare i loro cari
e per la decisione del consiglio comunale di Bouchamma di
consentire la sepoltura di un certo numero di corpi. Ma "esprime
la sua indignazione rispetto all'inumazione collettiva di
cadaveri in una fossa comune, iniziativa riprovevole adottata
dal comune di Zarzis la notte del 13 luglio". Il Ftdes, che
riconosce la sofferenza delle famiglie delle persone scomparse
di tutte le nazionalità perché conoscano la sorte dei propri
figli, rinnova il suo appello alle autorità a raccogliere e
gestire le informazioni sui migranti deceduti in database
centralizzati e accessibili a tutte le istituzioni interessate
per permettere alle famiglie di conoscere la sorte dei loro cari
scomparsi.(ANSAmed)
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