Il capolavoro di Bizet ha coronato la terza edizione del Festival di Masada, chiuso oggi con la quinta replica. Una kermesse su cui il governo israeliano e' giunto a stanziare quest'anno l'equivalente di 8 milioni di euro e che cerca di trasformare in un evento di richiamo a cadenza annuale, cavalcando l'epopea che questo luogo incarna.
Come nelle edizioni precedenti, regia e scenografia hanno fatto premio anche questa volta sul 'bel canto' e sulla stessa direzione orchestrale di Daniel Oren. Almeno a giudicare dalle recensioni della critica piu' rigorosa, non priva di accenti critici su alcuni giornali israeliani nei confronti di uno spettacolo necessariamente estraneo ai canoni dei puristi.
Allestito qual e' stato su un grande spazio aperto nel quale cantanti, coro e musicisti non hanno potuto non far ricorso ai microfoni: come gia' in occasione del 'patriottico' Nabucco del 2010 o della piu' controversa Aida dell'anno scorso.
L'ambiente - come ha sottolineato all'ANSA un esausto, ma soddisfatto Del Monaco - ha rappresentato la suggestione piu' evidente di questa avventura. E tuttavia anche la sfida piu' estrema: sotto il clima torrido della depressione del Mar Morto, nell'isolamento del deserto, alla merce' di venti caldi e sabbiosi micidiali per le ugole degli artisti, e qualche volta di incontri ravvicinati con serpenti o scorpioni.
Alla fine il riscontro del pubblico e' stato comunque positivo. Con la presenza di una media di 8.000 spettatori a replica, l'arrivo di appassionati dall'estero, l'attenzione dell'establishment del Paese (alla prima di Carmen, il 7 giugno, non e' mancato il presidente Shimon Peres). L'omaggio della platea e' andato - fra i cantanti che si sono alternati - soprattutto alla verve dell'italiana Anna Malavasi, che si e' scambiata il testimone di Carmen con la meno fortunata spagnola Nancy Fabiola Herrera (costretta da un cedimento di voce a meta' della premiere alla talentuosa promessa israeliana Nahama Goldman); e soprattutto della croata Lana Kos (Micaela).
Ma applausi ed esclamazioni di sorpresa si sono concentrate - ancor di piu' - sulle coreografie del corpo di ballo (30 elementi giunti dalla Spagna) e sulle grandiose scene concepite da Del Monaco junior con William Orlandi. Il regista italiano - forte di una bagaglio di decenni di direzioni artistiche disseminate fra Germania, Francia, Spagna e Paesi extraeuropei -e' riuscito a ottenere un inedito permesso per sbancare temporaneamente parte del sito archeologico e trasformarlo (dopo quasi tre mesi di scavi) in un palcoscenico naturale ai piedi della rocca di Masada: con un effetto visivo impressionante, esaltato dal mega-impianto luci, che le scenografie posticce di Nabucco e Aida non avevano potuto neppure avvicinare. Su questo teatro a cielo aperto si sono esibite oltre 300 comparse (circa 3000 i costumi), affiancate nei momenti piu' spettacolari (come quello della quadriglia del toreador) da carri, cavalli e asini veri.
''E' stata una sfida e per certi versi una corsa a ostacoli, ma l'impegno finanziario delle autorita' israeliane e' stato esemplare e il risultato e' piaciuto al pubblico. E questo e' cio' che conta'', ha commentato Giancarlo Del Monaco, gia' con la valigia in mano. Pronto a partire per la Cina in vista di un'altra regia prima del rientro in Italia il 2 agosto, per il concerto evento organizzato a Macerata (con grandi nomi della lirica e cantanti quali Al Bano o Francesco Renga) in memoria del trentesimo anniversario della morte di Mario Del Monaco. Un appuntamento al quale si spera possa esserci pure Claudio - fratello di Giancarlo e come lui regista d'opera - ancora in convalescenza dopo l'accoltellamento e la sfiorata tragedia familiare di Jesolo di qualche mese fa. (ANSAmed).