"Suono musica italiana, francese, russa, ungherese e per finire, Paganini", anticipa il maestro che, in nome dell'Europa, ha già tenuto concerti a Mosca e Bucarest per questo semestre italiano. Un programma tutto europeo, con brani di Bèla Bartòk, Giuseppe Tartini, César Frank, Camille Saint-Saens e Paganini, in uno spartito ideale che abbraccia la cultura musicale dal '600 fino ai primi del '900: "Avrò di fronte un pubblico attento e cordiale, come mi è già capitato qui, in Marocco, proprio a Rabat, qualche anno fa. Del resto, la cultura, e la musica in particolare, si diffonde e si mescola con voci diverse in un linguaggio che è universale". E a proposito di questo concerto in terra d'Africa, dice: "Il mondo arabo mi affascina, ma siamo pur sempre nel bacino del Mediterraneo, in una zona che è stata anticamente anche sotto la dominazione romana. Non è possibile parlare di tradizioni distanti, non è utile cercare differenze.
Puntiamo invece sulle note comuni: uno scambio con l'Occidente sarebbe molto istruttivo". Da sempre critico con le istituzioni, Ughi punta l'archetto contro "il distacco" tutto italiano per la musica e l'arte. "Rivestiamo i teatri di moquette senza preoccuparci dell'acustica", sottolinea. E nel Paese della musica, accusa, "lasciamo che la sua storia esca dalle scuole; da noi in Italia il momento è drammatico. Proporrò un festival di musica occidentale a Fes, città del Marocco che amo molto e che da sempre ama la musica". (ANSAmed).
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