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Egitto, l'Opera del Cairo torna a sognare

Presidente Abdel Dayem,tornano stranieri,manca ancora libertà

04 dicembre 2014, 09:37

Redazione ANSA

ANSACheck
(di Cristiana Missori) (ANSAmed) - ROMA, 4 DIC - Lentamente, non senza fatica e timori, il mondo dell'arte in Egitto torna a sognare.

''Convivere con il terrorismo e gli attentati è difficile, ma ormai ci siamo quasi abituati. Quel che è cambiato è il nostro stato d'animo. Ora parliamo di stagioni e programmazioni future''. A dare uno spaccato di quanto accade in ambito artistico è Ines Abdel Dayem, presidente del prestigioso Teatro dell'Opera del Cairo, istituzione culturale egiziana che vanta 144 anni di storia. Tra dicembre 2011 e l'estate del 2013 aveva già ricoperto questa incarico, per poi essere cacciata dalla Fratellanza musulmana al potere. Tornata al posto di comando, oggi parla con maggiore entusiasmo. ''Sono molto contenta di avere superato quel momento e, soprattutto, di riuscire finalmente a guardare avanti, alla stagione 2015-2016, senza annullare concerti, rappresentazioni o mostre'', racconta da Roma dove questa sera si esibirà in concerto, insieme all'orchestra dell'Opera House, all'Accademia d'Egitto che in occasione di Festa d'Africa, la dodicesima edizione del Festival Internazionale delle culture dell'Africa Contemporanea, in corso nella capitale fino all'8 dicembre, ospita una mostra fotografica dedicata ai volti delle donne africane. Poco prima di essere mandata via, parlava di ''risorse ridotte ai minimi termini, perdita degli sponsor, esibizioni di troupe e artisti stranieri ridotte all'osso e Paesi che ''ci avevano girato le spalle''. Durante la presidenza di Mohamed Morsi, rammenta, ''la parola d'ordine era 'sopravvivenza'. ''Sopravvivere al degrado culturale e politico che stava vivendo il Paese'', spiega Abdel Dayem, flautista, una laurea al Conservatorio del Cairo, un Phd a l'Ecole normale de Musique di Parigi, gia' vicepresidente dell'Accademia delle Arti e ex direttore dell'Orchestra sinfonica del Cairo. Fino a quel momento, ricordava in una precedente intervista al Cairo, ''nessuno era riuscito a mettere le mani su questa storica istituzione''. Piu' antico teatro dell'opera del Medio Oriente, costruito per volere del Khedive Ismail nel 1869 in occasione dell'apertura del Canale di Suez, l'edificio originario fu distrutto da un incendio nel 1971.

L'attuale complesso che oltre a una serie di teatri ospita un museo, due gallerie (di Arte contemporanea e di Belle Arti), nonche' un paio di spazi espositivi che ospitano mostre temporanee, e' stato realizzato grazie al sostegno finanziario del governo giapponese. In questo 2014 le cose sembrano andare meglio, malgrado la ristrettezza di fondi e i continui attacchi terroristici, ''siamo tornati a guardare al futuro, a portare avanti il nostro programma e non siamo stati costretti ad annullare nessuna esibizione e siamo tornati ad avere compagnie straniere''.

Tornano l'Argentina, l'India, la Russia e ''speriamo anche l'Italia, sempre più in forze'', auspica. ''Sto provando a organizzare un incontro con i vertici del Teatro dell'Opera di Roma per febbraio'', fa sapere. Arduo immaginare in che modo, viste le enormi difficoltà finanziare in cui versa l'istituzione romana. C'è però una cosa che continua a mancare, conclude Abdel Dayem. ''La libertà''. Al di là della legge o delle imposizioni del governo. ''Abbiamo bisogno di essere liberi completamente'' e questo appare impossibile. ''E' la società e la mentalità che a tutt'oggi esiste nel Paese a ostacolare maggiormente l'arte in tutte le sue declinazioni''. (ANSAmed).

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