"Tutto diventa caos, circolano le voci più insensate e contraddittorie". Ma una cosa appare chiara: i tedeschi "hanno intenzioni aggressivissime". A quel punto, la domanda ricorrente tra le righe scritte a mano e nelle menti confuse e spaventate degli ebrei romani di allora è "che fare?": cercare rifugio a Roma? Nascondersi in qualche paesino di campagna? E poi, ancora: la beffa crudele dei 50 chilogrammi d'oro, richiesti il 26 settembre 1943 dal comando tedesco agli ebrei romani, pena la deportazione di 200 capifamiglia. Le pagine lette ieri dicono tutta la speranza riposta in quella raccolta d'oro. Ma già pochi giorni dopo appare evidente che l'oro consegnato non avrebbe salvato nessuno: "I tedeschi ci avevano ingannati". Di ricordo in ricordo, si arriva alla razzia del ghetto (16 ottobre 1943) in cui 1024 ebrei romani furono rastrellati e deportati. Subito prima di partire, in tanti gettarono biglietti dal treno che li avrebbe condotti ai campi di concentramento, nella speranza che qualcuno li raccogliesse e li consegnasse ai destinatari. "Partiamo per la Germania rassegnati e sereni" dice uno di questi messaggi. Infine, spicca l'estratto del diario di una signora tedesca, moglie di un soldato nazista, che racconta da una prospettiva rovesciata l'avanzata degli americani in Germania e la sconfitta del Reich. La famiglia dell'autrice era presente in sala. "Siamo molto commossi perché ci avete accolti tra di voi oggi: grazie per questa grande prova di fiducia che ci date", ha dichiarato la figlia della diarista, con accento tedesco e voce rotta dall'emozione.(ANSAmed).
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