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Pompei: folla e file, tutti pazzi per le nuove domus

Soprintendente Osanna, turismo molto ordinato nessun problema

29 dicembre 2015, 11:12

Redazione ANSA

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Pompei, Casa dell 'Efebo , triclinio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Pompei, Casa dell 'Efebo , triclinio -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Pompei, Casa dell 'Efebo , triclinio - RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Silvia Lambertucci) (ANSAmed) - ROMA, 29 DIC - Quasi sei mila visitatori nel giorno di Santo Stefano, oltre settemila domenica 27 dicembre e più di 6 mila 200 nella giornata del 28.

A Pompei è assalto alle nuove domus, con file ovunque e un fiume di visitatori che ha invaso in questi giorni di festa la via dell' Abbondanza, dove si affacciano le sei abitazioni appena restaurate, inaugurate la Vigilia di Natale dal premier Renzi.

"Veramente tanta gente, ma non abbiamo avuto problemi, c'è stato un turismo molto civile e ordinato", commenta soddisfatto all'ANSA il soprintendente Massimo Osanna. Il confronto con il 2014, che pure era stato un anno in crescita per il sito archeologico campano, dimostra un incremento di visite rilevante, con un ricco 56% in più, in particolare, per la giornata del 27 dicembre, seguito da percentuali di tutto rispetto anche per il 28 (+29% con 6.216 visitatori contro i 4.824 del 2014) e per il 26 dicembre (+15% con 5.892 visitatori contro i 5.163 del 2014) Folla dappertutto, soprattutto nella strepitosa Fullonica di Stephanus, il grande laboratorio per il lavaggio e la tinteggiatura dei tessuti. E file ordinate di persone davanti a tutti gli ambienti appena riaperti al pubblico. Anche se al momento, riferisce Osanna, la domus più gettonata, sembra essere quella di Paquius Proculus con le scritte elettorali sulla facciata e gli strepitosi pavimenti colorati delle sue stanze. Qui, proprio per la delicatezza dei mosaici appena restaurati, i visitatori devono seguire una sorta di percorso guidato su stuoie e il monitoraggio all'ingresso è particolarmente attento per evitare assembramenti eccessivi.

Grande successo, racconta il soprintendente, stanno avendo del resto anche i due percorsi di visite guidate proposte dal sito archeologico insieme con Scabec (società campana beni culturali): la prima ("di domus in domus") dedicata alle domus, la seconda ('Memorie e suggestioni') con la visita all'anfiteatro e alla mostra dei calchi allestita nella grande piramide progettata da Francesco Venezia. Restaurate con circa 3 milioni di euro del Grande Progetto Pompei, le sei nuove case, spiega il soprintendente, sono state riaperte tutte insieme "perché nel loro complesso offrono uno spaccato straordinario di quella che doveva essere la vita nella citta romana negli anni subito prima che l'eruzione del Vesuvio, nel 79 dopo Cristo, la seppellisse con le sue ceneri". Si scoprono così ambienti che raccontano la vita dei più ricchi e privilegiati, come doveva essere il proprietario della Domus dell'Efebo, ad esempio, che subito dopo il terremoto che aveva sconvolto la cittadina nel 63 dopo Cristo, comprò e restaurò diverse case contigue realizzando per la sua famiglia una sorta di villa urbana. Ma anche abitazioni più semplici, residenza di gente comune, come dovevano essere le case di Fabius Amandio o quella del Sacerdos Amandus, entrambe più piccole e modeste, con meno stanze delle altre, eppure decorate con una certa raffinatezza. E poi c'è la casa del Criptoportico, che, racconta Osanna, "deve essere stata di grandissimo prestigio nell'età augustea, con le stanze decorate con scene dell'Iliade, pitture di altissima qualità, terme"; e che invece, sempre dopo il terremoto del 63, venne probabilmente ceduta e ristrutturata, con quello che restava del criptoportico chiuso e trasformato in in una cantina.

Particolarmente interessante, la visita della Fullonica. Portata alla luce tra il 1912 e il 1914 nella campagna di scavi diretta allora da Vittorio Spinazzola, è uno dei più importanti e completi laboratori per il lavaggio e il trattamento dei tessuti scoperti a Pompei. Era dotata di grandi vasche in muratura per il risciacquo, alimentate da un flusso di acqua ininterrotto, di bacini di pietra per la tintura, per il lavaggio e la smacchiatura (che veniva fatta con particolari tipi di argilla o con l'urina). Non solo: al piano superiore c'erano grandi terrazze dove le stoffe venivano asciugate e trattate e una pressa (il torcular) che serviva a stirare il tessuto e a renderlo brillante. E a dimostrazione del prestigio del proprietario, gli ambienti erano decorati con pitture di un certo gusto. Stephanus, racconta Osanna, era un uomo senz'altro importante, "in una società preindustriale com'era quella di Pompei un laboratorio di tintura rivestiva una notevole importanza e i fullones come lui potevano anche influenzare le elezioni politiche". Tant'è, la visita è d'obbligo, così come un giro nella casa di Proculo il fornaio, uomo ricco e influente (il suo ritratto accanto alla moglie è una delle icone del sito campano ed è esposto a Napoli al Museo Archeologico Nazionale) che per la sua casa aveva voluto un pavimento con mosaici spettacolari e poi un salone e un peristilio con le pareti dipinte con soggetti 'nilotici' in omaggio a quella sorta di 'egittomania' tanto in voga in quegli anni nel mondo romano.

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