"Una lezione per l'oggi e per i giovani, ma anche per i meno giovani - spiega il presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia - Perché la verità è che per chi è andato a scuola trent'anni fa, i programmi scolastici non raccontavano l'Olocausto, ma si fermavano prima. Questa mostra spiega come all'epoca si sia partiti da vignette e battute, e poi si sia arrivati alle conseguenze che conosciamo. Dalla denigrazione verbale e scritta si arriva agli atti concreti, ecco questo è il messaggio della mostra".
Per Marcello Pezzetti, curatore della mostra (30 gennaio - 7 maggio) insieme a Sara Berger, "la novità principale di questa mostra è l'oggettistica del quotidiano, così come i cartoni animati, grazie ai quali l'antisemitismo entrava nella vita d'ogni giorno, dalla scuola alla casa. Abbiamo messo una foto in cui si vede una nave stracarica di ebrei cacciati ed emarginati da tutti i paesi del Mare Nostrum, che naviga in alto mare. Il collegamento con l'oggi è evidente. Come allora, il pericolo è più grande di quanto si immagini". Pezzetti spiega come nella Germania nazista e poi nell'Italia fascista, all'antisemitismo tradizionale si saldò il razzismo: "Ovvero, l'ebreo non poteva essere 'redento' con la conversione, ma era biologicamente diverso. Il razzismo diventa biologico".
L'inquietante percorso mostra proprio questa evoluzione, e come certi temi dopo il 1936 ampia diffusione anche in Italia, fino alle leggi razziali del 1938, attraverso strumenti come il giornale Difesa della Razza ed altre pubblicazioni. Tra i documenti più notevoli, la locandina della versione italiana di uno dei film antisemiti più tristemente celebri: "Suss l'ebreo" del tedesco Veit Harlan (1940). "Ma il film in versione italiana non esiste più, sparì dagli archivi dell'istituto Luce anni dopo la guerra", spiega Pezzetti. (ANSAmed).
Riproduzione riservata © Copyright ANSA