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'Hijra', musica per ricordare Italia di essere accogliente

Recital autobiografico musicista marocchino Nour Eddine Fatty

19 dicembre 2017, 16:40

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Stefano Intreccialagli) (ANSAmed) - ROMA, 19 DIC - La musica per combattere l'intolleranza e il razzismo verso gli immigrati e i musulmani in Italia e per ricordare agli italiani che sono un popolo che accoglie, e non che respinge. È questo il senso più profondo di "Hijra - L'esilio del flautista", recital dell'artista marocchino Nour Eddine Fatty, musicista di origine berbera e direttore artistico della World Orchestra dell'università telematica Uninettuno. La prima nazionale dell'opera si terrà il 21 dicembre alle ore 20.30 al Teatro Abarico di Roma.

Lo spettacolo è un racconto autobiografico in musica e parole in cui l'autore mette in scena il suo essere migrante musulmano in Italia. Nour si definisce un "esiliato volontario": è partito dal proprio Paese per abbandonare un destino già segnato, la nonna infatti voleva che diventasse un Imam, e non un musicista come suo nonno. Alla ricerca di un futuro diverso, Nour raggiunge la Spagna con un passaporto francese falso, raggiunge le Alpi francesi e passa le montagne a Ventimiglia, entrando in Italia nel 1993. In quell'anno "ho conosciuto Roma che mi ha accolto, abbracciato, amato", spiega Fatty in una conferenza stampa alla sede di Uninettuno a Roma, ma ultimamente "sono molto toccato dalle tantissime reazioni di intolleranza e razzismo. Per questo è nato lo spettacolo". L'opera dal taglio ironico è divisa in quattro atti: il primo, 'Nour Eddin, Imam o musicista?' parla "di me, da dove vengo come musulmano" e della sua esperienza in Marocco. Il secondo atto si intitola 'le frontiere e l'esilio': secondo Nour, frontiera "è sinonimo di ingiustizia. Non possiamo concentrarci sul vero dialogo tra le sponde del Mediterraneo quando non abbiamo gli stessi diritti". L'esilio, che dà il nome al recital, nasce da una riflessione sul fatto che "l'80 per cento degli immigranti sono esiliati, persone che hanno fatto il viaggio loro malgrado, perché nel loro Paese non avevano lavoro e possibilità di vivere dignitosamente". Il terzo atto è 'la valigia dei sogni' e parla degli immigrati "eroi" e dei loro sogni realizzati e da realizzare. Infine, il quarto atto si chiama 'ritorno', che riguarda chi si sente "esiliato nell'esilio". È la condizione di "quando ritorno" in Marocco e "io mi sento italiano, non berbero o marocchino", dice Nour. Se i migranti dovessero veramente tornare a casa dopo così tanto tempo, sarebbero "condannati a vivere nell'eterno esilio".

Oggi, a un ragazzo del Marocco che cerca di raggiungere l'Italia, "direi di non venire. L'esperienza che ho avuto io è positiva, ho realizzato il mio sogno, ma porto dentro di me un dolore forte, del cordone ombelicale tagliato dalle mie radici", spiega a margine Nour. "L'Europa non è più come prima. Ora c'è un pensiero anti-immigrati, non c'è più quel sogno di vivere insieme, sento una chiusura mentale terribile". "Io mi ricordo un'Italia aperta, accogliente, che mi ha fatto emergere nel mio mestiere. Io voglio un'Italia che dica basta" al razzismo e sia "per il dialogo, come l'ho conosciuta io, quando sognavamo un Mediterraneo unito, un sogno ormai finito". 'L'esilio del flautista' è una risposta per "dire agli italiani di non dimenticarsi come sono" e il recital "vuole dare speranza ai giovani e dire che l'Italia è un bellissimo Paese".

La conferenza fa parte delle iniziative del ciclo #SENZACONFINI dell'università Uninettuno. L'ateneo porta avanti un progetto di educazione per i rifugiati, con percorsi di elearning per studenti di oltre 160 Paesi del mondo. "È molto importante in un momento come questo mettere a confronto le diverse culture", dice Maria Amata Garito, rettore di Uninettuno. "La musica unisce, è un linguaggio universale, quando l'ascolti non pensi a chi l'ha fatta ma al benessere che dà alla tua anima. È questa la cosa più importante: unirci attraverso i linguaggi dell'arte". (ANSAmed).

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