Beverly Barkat, classe 1966, sudafricana di Johannesburg trasferitasi con la famiglia in Israele quando aveva dodici anni, ha ripreso quegli stessi stessi colori dopo un percorso di ricerca, catalogazione e riutilizzo di materiali.
"Sono andata fisicamente in quei luoghi - dice -. Ho studiato la terra e prelevato parte di questa. Ho cercato quindi di portare letteralmente la storia delle dodici tribù nel mio lavoro, nel mio spazio artistico. E' stato un lavoro che mi ha coinvolto completamente non solo come artista ma anche come ebrea". Conchiglie, pietre stratificate o semi-preziose - topazio, smeraldo, rubino, acquamarina, agata, onice e altre - sabbia, roccia e argilla provenienti dalle caverne, dal deserto, dal mare e dalle montagne di Israele tritate e polverizzate diventano le tinte essenziali dell'installazione. I dodici dischi dal diametro di un metro si offrono allo sguardo del visitatore su entrambi i lati. Su quello ruvido ha lavorato direttamente l'artista, l'altro si scorge dalla trasparenza del supporto in pvc sotto una pellicola liscia e lucida. "Il lavoro si concentra sul colore e sulla materia per approdare ad un complesso universo di simboli e citazioni - spiega la curatrice Giorgia Calò - e lo fa mediante il suo inconfondibile gesto pittorico che trae ispirazione tanto dalla tradizione classica, quanto dai movimenti dell'arte moderna come l'Espressionismo Astratto. Il suo lavoro potremmo definirlo alchemico, nel momento in cui trasmuta le sostanze assumendo connotati mistici e spirituali, oltre che fisici". A poco più di un anno dalla mostra personale "Evocative Surfaces" al Museo di Palazzo Grimani durante la scorsa Biennale d'Arte di Venezia, l'artista stringe il legame con l'Italia ed espone a Roma su invito del Polo Museale del Lazio e dell'Ufficio culturale dell'Ambasciata di Israele in Italia.
"Sapevo che avrei realizzato un lavoro dedicato al settantesimo anniversario della nascita dello Stato di Israele - spiega Beverly Barkat, che è moglie del sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, alla guida della città da una decina d'anni - e che questo avrebbe dovuto interagire non solo con la storia ma anche con l'architettura del museo e della città pronti ad accoglierlo. Con questa installazione ho cercato di rappresentare l'andamento dinamico di un popolo in perenne movimento, continuamente spinto verso il futuro, ma con uno sguardo costante al suo passato". (ANSAmed).
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