Martedi scorso, all'Assemblea Nazionale, il testo era passato senza che i voti dell'opposizione dell'ex presidente Nicolas Sarkozy si rivelassero determinanti. Ma al Senato, dove i rapporti di forza sono diversi e il Partito socialista non gode di una maggioranza autonoma, è stata tutta un'altra musica: l'apporto dei voti della destra si è rivelato indispensabile.
Motivo? Il mancato sostegno dell'estrema sinistra e di parte dei verdi a quello che bollano con disprezzo il trattato 'Merkozy'. Il 'Fiscal Compact' - che al Senato è stato approvato con 306 voti a favore e 32 contrari - obbliga i Paesi firmatari a non superare, a medio termine, il cosiddetto deficit "strutturale", equivalente allo 0,5% del Pil. Prevede anche una serie di sanzioni in caso di sforamento dei vincoli europei sui conti pubblici. Si applicherà solo quando i dodici Stati membri di Eurolandia lo avranno ratificato e in ogni caso non prima del primo gennaio 2013.
Nelle ultime settimane, Hollande, ma soprattutto il premier Jean-Marc Ayrault, hanno molto insistito sulla necessità di adottare il provvedimento, ma nonostante i ripetuti appelli, non sono riusciti a convincere il Front de Gauche di Jean-Luc Melenchon e parte dei Verdi. Mentre sono riusciti a riportare sulla retta via una parte di quella 'fronda' di socialisti che si era schierata contro il testo, limitando i danni di immagine, in quello che per il nuovo inquilino dell'Eliseo è stato un vero e proprio test politico di inizio autunno.
Intanto, l'opposizione (Ump e centristi) continua a punzecchiare il capo dello Stato ripetendo fino allo sfinimento che - nonostante le promesse della campagna presidenziale per una riforma del trattato - il Fiscal Compact è rimasto in realtà esattamente lo stesso di quello firmato a marzo scorso da Sarkozy. Per difendersi, governo e socialisti fanno di tutto per evidenziare l'importanza del 'patto di crescita' ottenuto da Hollande durante il summit Ue dello scorso giugno, proprio per controbilanciare il rigore del trattato 'Merkozy'. (ANSAmed).