La Tunisia, sempre secondo il rapporto della Bad, continua inoltre a godere di un forte sostegno da parte della comunità internazionale. La crescita dovrebbe anche beneficiare della continua ripresa della zona euro, iniziata nel 2012, in particolare in Spagna, Germania e Francia, e dovrebbe far salire le esportazioni. Infine, la Tunisia potrebbe anche beneficiare dei vantaggi di alcune riforme strategiche adottate a partire dal 2015, come la legge sul partenariato pubblico-privato e quella sugli investimenti, finalizzata a stimolare il tasso di investimento fino al 24% del Pil entro il 2020, in linea con il Piano di Sviluppo 2016 -2020. Il rapporto della Bad tuttavia cita anche alcuni fattori negativi dell'economia tunisina, quali i conti pubblici, che dal 2011 hanno continuato a deteriorarsi. Dominato dalle spese correnti (72% del bilancio nel 2017), la spesa pubblica non corrisponde al fabbisogno di investimenti, in particolare nel settore delle infrastrutture.
Nonostante alcuni progressi, il progresso delle riforme strutturali avviato dal 2013 rimane limitato a causa della resistenza al cambiamento del modello di sviluppo che ha accompagnato l'economia tunisina dagli anni '70. L'accelerazione delle riforme resta essenziale affinché la Tunisia continui a beneficiare del sostegno dei partner per lo sviluppo e della fiducia dei mercati per il finanziamento del suo debito. Altri fattori negativi a medio termine sono un deterioramento della sicurezza dovuto alla crisi libica e una possibile ripresa dei conflitti sociali legati alla riforma del settore pubblico e al deterioramento del potere d'acquisto dei cittadini. Anche le vulnerabilità macroeconomiche sono peggiorate secondo gli esperti della Bad che sottolineano come il debito pubblico, stimato al 70% del Pil alla fine del 2017, mostri un deficit a due cifre e le riserve estere della banca centrale sono diminuite. La legge finanziaria 2018 mira a ridurre il deficit di bilancio a meno del 5% del Pil, ma questo obiettivo ambizioso non sarà facile da raggiungere. La strategia fiscale dello stato e una riforma globale della funzione pubblica dovranno dunque essere implementate al più presto. Una riduzione dei sussidi energetici, che avvantaggiano in modo sproporzionato i più ricchi, e il perseguimento di una riforma della sicurezza sociale potrebbero aiutare a stabilizzare i deficit e il debito pubblico. Altra sfida importante per i prossimi anni in Tunisia, suggerisce ancora la relazione, è quella di rimuovere i principali ostacoli alla crescita e alla creazione di posti di lavoro, in particolare semplificando il quadro normativo per risolvere i problemi dei prestiti in sofferenza e la governance delle banche pubbliche, con un conseguente ampliamento dell'accesso delle piccole e medie imprese di dimensioni medie (Pmi) al finanziamento bancario. La Tunisia potrebbe anche adottare un piano per stimolare nuove industrie con un alto potenziale competitivo che potrebbero assorbire il vasto bacino di lavoratori qualificati sottoccupati del paese. Il ministro per lo sviluppo, gli investimenti e la cooperazione internazionale Zied Laâdhari, che ha partecipato alla presentazione del rapporto, ha sottolineato la necessità di spostarsi verso il mercato africano per rafforzare ulteriormente il commercio e la cooperazione economica con l'Afica, vera e propria scelta strategica per il Paese. L'economia africana secondo il ministro tunisino infatti è un'economia vitale e sarà ancora più dinamica nei prossimi anni. (ANSAmed) ß
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