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La pecora Berberina aiuterà i piccoli allevatori in Tunisia

Progetto coordinato da Ong italiana Tamat a Sidi Bouzid

28 novembre 2019, 13:58

Redazione ANSA

ANSACheck

Pecore di razza Berberina - RIPRODUZIONE RISERVATA

Pecore di razza Berberina -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Pecore di razza Berberina - RIPRODUZIONE RISERVATA

TUNISI- Entra nel vivo il progetto 'Berberina in Tunisia', coordinato dall'Ong umbra Tamat, cofinanziato dall'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) e basato nel governatorato centrale di Sidi Bouzid, una delle regioni più povere del Paese.

Obiettivi dell'iniziativa sono il miglioramento delle condizioni socio-economiche dei piccoli allevatori ovini della regione attraverso la promozione della filiera corta e l'innalzamento della qualità della carne prodotta, e in secondo luogo, il contrasto del fenomeno dell'esodo rurale che vede centinaia di giovani abbandonare ogni anno la regione di Sidi Bouzid per emigrare in Europa.

"Stiamo ultimando la fase di selezione dei 50 allevatori beneficiari (giovani tra i 18 e i 35 anni, scelti tra donne e uomini in proporzioni uguali) che saranno formati dal punto di vista tecnico e riceveranno ognuno 20 pecore e un ariete 'Berberina', razza autoctona molto resistente al caldo e quindi adatta ad affrontare i cambiamenti climatici", spiega all'ANSA Francesco Lorenzini, project manager di Tamat aggiungendo "che i giovani selezionati saranno poi riuniti in un'associazione cooperativa che gestirà un Centro multifunzionale, ovvero un complesso agricolo composto da: un centro d'ingrasso degli agnelli prodotti dalle greggi, un'unità di fabbricazione del mangime animale, un centro di miglioramento genetico dei riproduttori e un mattatoio. In questo modo il beneficiario potrà agire su tutta la filiera arrivando fino alla trasformazione e alla vendita, aumentando di conseguenza il proprio reddito". La promozione della filiera corta permetterà quindi di rompere il "circolo vizioso" in cui si ritrova il piccolo allevatore che ad oggi non ha i mezzi per andare oltre la prima fase di produzione e di conseguenza si trova costretto a vendere l'agnello a pochi mesi di età. Ad approfittarne sono gli intermediari che girano per i "suq" dei piccoli villaggi imponendo un prezzo d'acquisto misero al fine di lucrare sulla vendita successiva.

"La forza del progetto - spiega Lorenzini - consiste nella volontà di proporre un modello di sviluppo inclusivo, in cui il piccolo allevatore non è più relegato ai margini della filiera, ma assume un ruolo da attore protagonista. Solo includendo i piccoli produttori si può garantire la sostenibilità di un settore come quello agricolo che in Tunisia ha un peso determinante, soprattutto con riferimento alle regioni dell'entroterra, storicamente più sfavorite rispetto alle regioni costiere".

Il progetto prevede inoltre il sostegno necessario per l'ottenimento della denominazione di origine controllata della carne prodotta, al fine di garantirne la qualità, e l'ideazione di una strategia di marketing per accompagnare gli allevatori nell'identificazione del mercato su cui posizionare il prodotto.

E' prevista anche una fase di miglioramento dei pascoli per permettere all'animale di nutrirsi all'aperto, favorendo quindi un sistema di allevamento agro-pastorale estensivo. L'equipe di progetto garantirà un'assistenza tecnica e sanitaria continua oltre che il monitoraggio. Partner di questa iniziativa sono l'Ong tunisina Green University, l'Ufficio dell'Allevamento e dei Pascoli (Oep) del ministero dell'Agricoltura tunisino, l'Agenzia per la Promozione degli Investimenti in Agricoltura (Apia), l'Istituto Nazionale Agronomico della Tunisia (Inat) e l'Istituto della Ricerca e dell'Insegnamento Superiore Agricolo (Iresa).

Per la parte italiana, oltre alla capofila Tamat, l'Università di Perugia (Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali e Dipartimento di Veterinaria), il 3A Parco Tecnologico Agroalimentare dell'Umbria.

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