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Energia:da raid Gaza nuovi ostacoli rapporti Turchia-Israele

Ma instabilità regione rende Ankara miglior partner export gas

16 luglio 2014, 15:10

Redazione ANSA

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Tubi per un gasdotto - RIPRODUZIONE RISERVATA

Tubi per un gasdotto -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Tubi per un gasdotto - RIPRODUZIONE RISERVATA

(ANSAmed) - ANKARA - Molti analisti di affari mediorientali ritengono che la Turchia sia la via più affidabile per Israele per esportare il suo gas naturale, tuttavia le recenti operazioni condotte dallo Stato ebraico contro la Striscia di Gaza hanno provocato un impatto negativo nel riavvicinamento che era in atto tra i due Paesi dopo un lungo periodo di gelo.

Con la violenza che è riesplosa con i palestinesi e le sempre attuali problematiche in Medio Oriente come la guerra civile in Siria e i nuovi scontri in Iraq, Tel Aviv è ora alla ricerca di un partner stabile per le esportazioni di energia. L'enorme giacimento 'Leviathan', con i suoi stimati 620 miliardi di metri cubi di gas naturale, è stato una cruciale scoperta nella regione. Tuttavia, nonostante le trattative in corso fra Israele e Turchia per il risarcimento danni alle famiglie delle vittime turche del blitz israeliano contro una flottiglia di aiuti umanitari a Gaza nel 2010, la recente operazione contro Gaza ha accresciuto gli ostacoli al miglioramento delle relazioni bilaterali.

David Koranyi, direttore del Dinu Patriciu Eurasia Center - che fa parte della 'think tank' del Consiglio Atlantico degli Usa - parlando con l'agenzia turca Anadolu ha affermato che tutte le opzioni di Israele per esportare il suo gas naturale ai mercati esteri hanno uno o più grossi difetti, sia di carattere politico che commerciale. "E' importante capire che nulla è stato ancora deciso", ha detto Koranyi, secondo cui "l'unico fatto che sembra abbastanza certo è che una certa quantità di quel gas dovrà finire in Giordania, Paese che ha un disperato bisogno di ridurre i costi proibitivi della propria bolletta energetica".

La Noble e la Delek, le due aziende petrolifere che si sono aggiudicate la licenza per lo sfruttamento del Leviathan, hanno frattanto reso noto di aver firmato un accordo preliminare con la compagnia petrolifera e del gas britannica BG per l'esportazione di 7 miliardi di metri cubi di gas negli stabilimenti della BG in Egitto per un periodo di 15 anni.

Nel commentare quest'intesa, Koranyi ha detto che, anche se l'accordo tra Israele e BG a livello commerciale è senz'altro importante, resta pur sempre "sperimentale".

Sottolineando che il percorso verso una tale intesa è irto di sfide politiche, l'esperto ha aggiunto che qualsiasi nuovo accordo per l'acquisto di gas israeliano rischia non solo di scontrarsi con l'opposizione interna ma anche di sfidare i problemi di sicurezza nella regione del Sinai, qualora venga utilizzato l'attuale gasdotto Port Said-El-Arish.

Un'altra opzione per Israele, ha detto ancora l'esperto, sarebbe la realizzazione di una pipeline che raggiunga la Turchia attraversando la Zona economica esclusiva (ZEE) cipriota o la stessa isola di Cipro. Questa soluzione, tuttavia, rimane alquanto improbabile se prima non verrà risolta la quarantennale "questione cipriota", ovvero la riunificazione di Cipro divisa dal 1974 dopo un intervento militare di Ankara che ancora mantiene sull'isola circa 40mila soldati. (ANSAmed).

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