La mostra, curata da Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, è il risultato di un lavoro realizzato dall'artista tra il 2010 e il 2013 a Beirut e prende la forma di un ciclo di 27 trittici in legno e foglia d'oro.
Ogni composizione contiene, come in un sacrario, le immagini catturate tra le strade di questi "ghetti" di paura e di isolamento in cui l'artista, tra giocattoli e sorrisi, riesce a riscoprire i segni e la meraviglia di un'infanzia vissuta in una apparente e disarmante normalità.
"Quando ho visitato i campi di Sabra e Shatila ho percepito una grande energia vitale, una voglia di vivere che si trasforma in gioia di vivere" ha spiegato Chiara Dynys. "La solidarietà tra bambini, necessaria per sopravvivere in un contesto ostile - ha continuato - è capace di creare una dimensione diversa, un mondo a misura di piccoli ma con tutte le regole di un sistema complesso. Con questo progetto non ho voluto realizzare un lavoro sui profughi o sul Medio Oriente dilaniato. Sono piuttosto partita da qui per raggiungere un concetto più profondo e universale: attraverso gli sguardi e i volti di un'infanzia delicata e pura, ho cercato il senso profondo dell'esistenza". (ANSAmed).
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