In Libia scomparve infatti nel 1978 l'imam irano-libanese Musa al Sadr - che pochi anni prima aveva 'sdoganato' l'eretica minoranza alauita affermandone l'appartenenza alla famiglia sciita - in una vicenda tuttora avvolta in un altro mistero, storico e investigativo, che ha lambito anche l'Italia. Ma "Il musulmano errante" è soprattutto una riflessione sulle ragioni profonde che hanno generato e tuttora alimentano il massacro in Siria - sei anni di guerra civile che il coinvolgimento delle potenze sunnite regionali ha reso terreno di conquista per l'Isis e al Qaida - nonché un ragionamento sulla percezione dell'Islam che prevale in Occidente. "In realtà - chiarisce l'autore - l'Isis è ignoranza. Se si risale alla origini si comprende subito che la versione di un islam unitario contraddice gli eventi." Perché appunto l'Islam originario - ben lontano da quel modello di unitaria purezza coltivato dal salafismo e dai mostri che ha generato - "faceva molti più compromessi con le altre religioni e stili di vita differenti di quanto non si voglia ammettere". Tanto che un ancora teorico ma auspicabile "Ufficio propaganda anti-Isis" dovrebbe convincere il mondo "che minoranze militanti e violente non possono prevalere sulla maggioranza dei musulmani (1,5 miliardi)", le quali anzi "sono le vittime principali del terrore e dell'estremismo". Insomma, insieme alla storia e alla cronaca di alcuni dei capitoli più drammatici degli ultimi decenni in Medio Oriente, Negri offre spunti che riguardano direttamente l'Europa ed il suo difficile rapporto con l'Islam. A partire proprio da una minoranza come quella alauita che - tassello della natura "plurale" dell'islam dei primi secoli - in origine era composta da credenti che, sottolinea, "non andavano in moschea, non praticavano il ramadan" e addirittura credevano "nella metempsicosi e nella migrazione delle anime". L'integrazione nello sciismo maggioritario che poi si fece potere teocratico in Iran ne trasformò tuttavia la natura, tanto 'eretica' quanto quella degli aleviti turchi: almeno 12 milioni, questi ultimi, sui 70 milioni che popolano la Turchia di Erdogan, ufficialmente al 98% sunnita: "musulmani che non hanno l'obbligo delle cinque preghiere rituali", spiega ancora Negri, che non pregano in moschea ma in "case comuni dove uomini e donne senza velo stanno fianco a fianco" e per i quali "la convivenza tra le fedi è un valore fondamentale".
Anche questo dunque è l'Islam, segnala il saggio di Negri: una pluralità di voci che, se fatica a trovare spazio nello stesso mondo musulmano ora messo in scacco dalla 'teologia' riduzionistica del radicalismo jihadista - dovrebbe spingere l'Occidente a rifuggire ogni semplificazione di comodo.
(ANSAmed).
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