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Libri 'Una voce sottile', un romanzo racconta ebrei di Rodi

Di Porto fa rivivere un mondo distrutto da Shoah

24 settembre 2020, 14:58

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(ANSAmed) - ROMA, 24 SET - Un romanzo intimo, personale e delicato, ma che serve anche a far rivere un'antica comunità distrutta dalla Shoah, quella degli ebrei che vivevano nel Dodecaneso, un pezzo nerissimo di storia d'Italia spesso finito nel dimenticatoio. E' 'Una voce sottile' di Marco Di Porto (Giuntina, pp.186, 15 euro), che ripercorrendo vicende personali che si intrecciano, riporta in vita con grande forza poetica un mondo di cui svanisce la memoria.

Siamo negli anni trenta del Novecento e Solly è un ragazzo sensibile e intelligente che fa parte della piccola comunità sefardita di Rodi, dove gli ebrei in fuga dalla Spagna avevano trovato riparo alla fine del XV secolo. La sua vita scorre lieta, intrecciandosi con i destini di altri personaggi che popolano i tortuosi vicoli della juderia, il quartiere ebraico di Rodi città. Ma mentre sull'isola la primavera sembra non finire mai, le fosche nubi di violenza che agitano l'Europa stanno per travolgere anche la "rosa dell'Egeo".

Con l'ausilio di un'accurata ricerca storica - che lo ha portato fino in Argentina alla ricerca di storie e testimonianze su suo nonno e la comunità dove visse - e sensibilità, Marco Di Porto racconta in forma romanzata la storia di suo nonno, Salomone Galante, sopravvissuto con pochissimi altri alla deportazione nei campi di sterminio, ma che l'autore non ha mai conosciuto.

"Per oltre quattro secoli - racconta Di Porto - gli ebrei avevano vissuto in piena armonia con gli altri abitanti dell'isola, i turchi, musulmani, e i greci, cristiani ortodossi.

Finché a inizio '900 l'isola divenne un Possedimento italiano, e agli ebrei di Rodi toccò la stessa sorte che travolse tutti gli altri ebrei italiani. Con una tragica peculiarità: essendo Rodi un'isola, quando i nazisti la occuparono poterono procedere con grande facilità all'arresto e alla deportazione sistematica di tutta la comunità, che si trovò praticamente in trappola. La cosa che più mi ha colpito era la sorveglianza sistematica cui erano sottoposti i cittadini di Rodi da parte della polizia politica fascista. Nell'archivio storico del Dodecaneso sono contenute schede relative a migliaia di persone, e ovviamente grande attenzione era riservata agli ebrei, dopo il '38 nemici dello Stato per definizione. È partendo da quelle che ho potuto ricostruire in parte la storia dei familiari di mio nonno, tutti assassinati ad Auschwitz: chi erano, dove vivevano, che lavoro facevano, addirittura il giudizio sulla loro 'condotta morale' o qualche screzio avuto con le autorità... partendo da questi dati, ho provato a immaginare le loro vite, poi travolte e inghiottite dalla storia".

Marco Di Porto (Roma, 1978) giornalista, si occupa di comunicazione presso l'UCEI ed è redattore della rubrica di cultura ebraica di Rai 2 Sorgente di Vita. Ha pubblicato la raccolta di racconti Kaddish '95 e altre storie (Pequod, 2007) e il romanzo Nessuna notte è infinita (Lantana, 2012).

"Da quando sono bambino - conclude - sento raccontare la storia di mio nonno Solly. Basandomi sui racconti di famiglia, e su ricerche che ho condotto, oltre che a Rodi, in Argentina e in Israele, ho provato a ricostruire quel piccolo mondo antico e felice che la Shoah spazzò via quasi totalmente". (ANSAmed).

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