Nelle ultime ore intanto altri due serbi sono stati arrestati dalla polizia kosovara, con l'accusa di fare propaganda elettorale a favore del voto anche in Kosovo il prossimo 6 maggio, quando in Serbia sono in programma insieme elezioni presidenziali, legislative e municipali. Attivita' questa definita anti-costituzionale dalle autorita' di Pristina, che si oppongono con forza a ogni tentativo di Belgrado - che non riconosce l'indipendenza del Kosovo - di organizzare il voto anche in quella che viene ritenuta ancora una provincia meridionale della Serbia.
Per il progressivo aumento della tensione interetnica nel nord, la Kfor (Forza Nato in Kosovo) ha annunciato nel fine settimana un rafforzamento delle proprie truppe, con l'arrivo entro il primo maggio di altri 550 soldati tedeschi e 130 austriaci. In tale complessa situazione, il ministro responsabile delle forze di sicurezza del Kosovo, Agim Ceku, non ha escluso l'uso della forza per risolvere la crisi nel nord del Kosovo, anche se il ricorso ad essa, ha osservato, sarebbe l'ultima ratio. Cosa questa che ha indotto Goran Bogdanovic, il ministro serbo responsabile per le questioni del Kosovo, ad accusare Pristina di avere un piano per mettere in atto azioni di forza come quelle che portarono ai violenti scontri del 17 marzo 2004. In quell'occasione negli incidenti interetnici piu' gravi dall'arrivo delle truppe Nato in Kosovo nel 1999, 19 civili rimasero uccisi, altre mille persone rimasero ferite e 800 case furono distrutte, 35 chiese e monasteri serbi danneggiati e migliaia di serbi furono costretti a lasciare le loro case.
Alla base di tutti i problemi, ha detto Bogdanovic, vi e' l'idea mai messa da parte da Pristina di usare mezzi violenti per integrare il nord del Kosovo (a maggioranza di popolazione serba) nel resto delle istituzioni del paese. (ANSAmed).