Tuttavia, per questi ultimi, sarà trasferita la fattura dei costi delle cure ai rispettivi paesi d'origine. Gli immigrati irregolari che vorranno conservare il diritto all'assistenza sanitaria pubblica dovranno versare una quota annuale di 710,49 euro, che arriva a 1.864,80 euro nel caso dei maggiori di 65 anni, stando alla bozza della proposta inviata dal ministero alle regioni. Una quantità che equivale al doppio o al triplo delle assicurazioni sanitarie private, secondo quanto hanno rilevato numerose associazioni per la difesa dei diritti degli immigrati, che denunciano una violazione del principio di uguaglianza fra i cittadini. E stimano in oltre mezzo milione il numero di stranieri che perderà l'assistenza sanitaria, dal momento che attualmente 578.712 immigrati figurano nelle statistiche ufficiali residenti in Spagna senza autorizzazione, secondo le verifiche incrociate dei dati delle anagrafi comunali con quelli dei permessi di residenza. Un migliaio di medici di base ha sottoscritto un appello in Internet all'obiezione di coscienza, per non sospendere le cure agli immigrati.
I governi delle autonomie che si oppongno alla misura stanno verificando in questi giorni come poter continuare ad offrire l'assistenza medica gratuita dopo il 1 settembre, data dell'entrata in vigore del decreto. Stando a quanto riferisce oggi El Pais, il governo della Catalogna renderà note le sue decisioni durante l'ultima settimana di agosto; mentre fonti della giunta dell'Andalusia non escludono un ricorso alla Corte Costituzionale contro il provvedimento del governo, sostenendo che viola lo Statuto di autonomia della regione. Anche il governo basco, che in base al proprio Statuto di autonomia ha completa autonomia in materia di servizi e assistenza sociale, sta ultimando un proprio ricorso alla Corte Costituzionale. (ANSAmed) YK8