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Clima riscossa in Parlamento Catalogna, basta con Madrid

Unica via per uscire da crisi e garantirsi futuro è indipendenza

13 giugno 2014, 17:05

Redazione ANSA

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(dell'inviata Elisa Pinna) (ANSAmed) - BARCELLONA - Nel giardino che circonda il Parlamento catalano a Barcellona si trova la statua di una donna affranta, la 'Desconsol', lo sconforto. L'opera di un artista del primo Novecento poteva ben fotografare lo scoraggiamento degli scorsi anni di fronte alla durezza della crisi economica e al gelo calato nei rapporti con Madrid, vista qui come il centro dell'oppressione e delle angherie politiche e fiscali.

Ora tuttavia, all'interno dell'emiciclo semicircolare dove si legifera per la Generalitat di Catalogna, il clima è battagliero: su 135 deputati eletti nelle elezioni del 2012, ben 106 vogliono l'indipendenza dalla Spagna e credono che il loro sogno si avvererà in un prossimo futuro. "Ci vorranno 5-6 anni, ma diventeremo una nazione", assicura ad ANSAmed Orio Pujol, parlamentare del principale raggruppamento politico, CiU (Convergencia i Uniò); "3-4 anni e saremo indipendenti", promette Qim Arrifat, deputato del partito Canditatura d'Unitad Popular. "Lo Stato Catalano nascerà nel 2016", si dice convinto Jordi Sole, rappresentante di Esquerra Repubblica de Catalunya. Tutti giovani esponenti di una nuova classe politica, appartengono a partiti di centro o liberali (come il Ciu) o di sinistra (come Canditatura o ERC).

Tuttavia li accomuna la convinzione che l'uscita dalla crisi economica e la costruzione di un futuro migliore passano per un'unica strada, quella dell'indipendenza, su cui una consultazione popolare in Catalogna si dovrebbe pronunciare il prossimo 9 novembre, sempre che Madrid non metta i bastoni tra le ruote. "L'attuale status quo ci porta sempre più giù, ci rende irrilevanti. In questa situazione non abbiamo il potere di decidere su di noi, di governarci. Non possiamo amministrare nemmeno l'aeroporto di Barcellona, non esistono vie di collegamento ferroviario-merci tra la Catalogna e l'Europa, solo per fare alcuni esempi. Siamo impossibilitati ad agire nel nostro interesse e in quello dei nostri figli ", spiega Pujol. La crisi ha reso più forti i risentimenti contro il governo centrale. La Catalogna è tassata più di ogni altra regione della Spagna. "Deve versare l'8% del suo PIL a Madrid; il che è un'enormità", dice ad ANSAmed l'economista Clara Ponsati dell'Università di Barcellona. "Per reddito medio individuale, la Catalogna è al quarto posto tra le 17 regioni spagnole. Una volta trasferite le tasse al governo centrale, scende al nono posto. Vi pare possibile?" si chiede un altro economista catalano, Carles Boix, professore alla Princeton University, negli Stati Uniti. Con quasi otto milioni di abitanti (tra cui un milione di recente immigrazione), la Catalogna rappresenta il 15% della popolazione spagnola, il 20% del PIL nazionale e il 26% del commercio con l'estero. Sebbene la crisi economica abbia qui morso con meno ferocia che nel resto della Spagna (la disoccupazione è al 22% contro un 28% di media nazionale), la povertà e le tensioni sociali si fanno sentire. "più della metà della popolazione si trova senza lavoro o con un salario insufficiente", afferma il deputato Qim Arrifat. "Fino a che punto si può spingere la nostra solidarietà verso il resto della Spagna? Non possiamo affondare," aggiunge il rappresentante dell'Erc. "Se non diventiamo indipendenti, rimarremo sempre una minoranza in ostaggio di Madrid e senza voce in capitolo ", sottolinea Pujol.

Per il rappresentante del Partito Popolare, Fernando Sanchez, la richiesta di indipendenza è solo una risposta 'populista' alla crisi economica. Sanchez fa parte della pattuglia di 29 deputati che difendono l'unità con Madrid. "Rischiamo di distruggere quanto costruito finora. E staccarsi dalla Spagna, proprio in questo momento di difficoltà economiche, rappresenta un atto di slealtà". (ANSAmed).

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