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Tunisia: ministra, restiamo avanguardia per diritti donne

Ora legge quadro contro violenza, ma Europa ci aiuti su sviluppo

19 settembre 2014, 12:56

Redazione ANSA

ANSACheck

La ministra tunisina per la donna e la famiglia Neila Chaabane - RIPRODUZIONE RISERVATA

La ministra tunisina per la donna e la famiglia Neila Chaabane -     RIPRODUZIONE RISERVATA
La ministra tunisina per la donna e la famiglia Neila Chaabane - RIPRODUZIONE RISERVATA

(Di Paolo Paluzzi e Luciana Borsatti) (ANSAmed) - TUNISI - "La Tunisia continuerà ad essere il primo Paese del mondo arabo in materia di emancipazione femminile e diritto di famiglia. Sarà sempre imitata e mai eguagliata". Risponde convinta Neila Chaabane, Segretaria di Stato per la Donna e la Famiglia, alla domanda se la Tunisia possa ancora vantare questo primato, anche alla luce degli avanzamenti normativi in altri Paesi come Marocco ed Egitto. Parla di un "approccio visionario" nel Codice dello statuto personale del 1956, che prevedeva, ricorda, "l'abolizione della poligamia; la possibilità di matrimonio civile e il divieto del ripudio; il riconoscimento del diritto al divorzio", anche per convenienza personale, ad entrambi gli sposi, con l'esclusiva competenza del giudice.

"Innovazioni che non hanno eguali in tutti gli altri Paesi arabi", sottolinea in un'intervista ad ANSAmed, "ivi compresi Marocco e Egitto che hanno mantenuto la poligamia e il ripudio".

E da allora, prosegue Neila Chaabane, "i diritti della donna tunisina non hanno smesso di evolversi". Per esempio, evidenzia, la donna tunisina offre la nazionalità ai figli nati da un padre straniero; è stata soppressa la nozione del dovere di obbedienza; nel 2007 l'età minima per il matrimonio è stata fissata a 18 anni, mentre in caso di matrimoni di minori è richiesto anche il consenso della madre; vi sono per le donne garanzie economiche in caso di divorzio. "Inoltre - prosegue - la Tunisia ha ratificato la quasi totalità delle convenzioni internazionali relative ai diritti delle donne, tra cui la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (Cedaw)".

Convenzioni, rileva la ministra, che "hanno un valore giuridico superiore alle leggi nazionali e sono oggetto di un controllo costante da parte dell'opinione pubblica mondiale".

Insomma, nessun passo indietro rispetto alle conquiste dell'era di Habib Bourghiba. Neanche quando, dopo la rivoluzione del 2011, il partito islamista di Ennahda ha preso la guida del Paese, seppur in un governo di coalizione. E' vero che in quel periodo "si sono levate alcune voci retrograde", riconosce la ministra, e alcuni deputati hanno tentato di sostituire nella nuova Costituzione "il principio di eguaglianza tra uomo e donna con quello di complementarietà", ma senza successo, grazie alla reazione di donne e società civile.

E la nuova Costituzione promulgata il 27 gennaio 2014, nonostante la maggioranza assoluta di Ennahda in seno alla Costituente, "ha consolidato" ed "esteso" i diritti della donna.

Per esempio, sottolinea la ministra, l'art.34 obbliga lo Stato a garantire la rappresentanza delle donne nelle assemblee elette; l'art.40 afferma che cittadine e cittadini hanno diritto ad un lavoro a condizioni dignitose e salario equo; l'art.46 prevede la protezione dei diritti acquisiti della donna, il principio di parità e la lotta contro le violenze.

Il cambiamento sul piano normativo si è inoltre accompagnato, sottolinea ancora Neila Chaabane, ad un cambiamento culturale, che ha superato la mentalità tradizionalista del passato. L'emancipazione femminile infatti, "che risale a piu' di un secolo fa, e' diventata una realtà concreta e incontestabile nella realtà tunisina", "tangibile in tutti i campi".

Ciò non toglie che vi siano "degli scarti tra teoria e pratica" soprattutto nelle pari opportunità nel mondo del lavoro e l'accesso alla vita pubblica e politica", tanto che il Segretariato di Stato per la Donna e la Famiglia (Seff) e' impegnato in azioni per superarli. Dalla lotta contro gli stereotipi sociali e culturali alla partecipazione attiva della donna nella vita pubblica; dall'indipendenza economica delle donne nella società rurale alla lotta contro l'analfabetismo.

Attive in prima linea nella rivoluzione contro Ben Ali, le donne hanno partecipato anche "alle prime elezioni libere" del Paese nel 2011", anche se ve ne sono solo 65 su un totale di 217 deputati nell'Assemblea costituente, che presto verrà sostituita con il Parlamento che uscirà dalle legislative del 26 ottobre. Un altro banco di prova per le donne tunisine, così come lo sono quelli emersi nel recente rapporto dell'Unione europea sulla parità di genere, elaborato su richiesta dello stesso Segretariato. Tra questi, una strategia nazionale per la lotta contro le violenze nei confronti delle donne, avviata già nel 2008 e poi nel 2012, in vista di una definitiva legge quadro; un centro di studi sulla parità di genere; sostegno alla donna rurale; un approccio di genere nelle politiche pubbliche. Quanto al ruolo che puo' giocare l'Europa, conclude Neila Chaabane, oltre ai programmi di cooperazione tradizionale, dovrebbe puntare "ad una mobilitazione degli investimenti necessari al rilancio dell'economia tunisina, conosciuta per le sue buone perfomance del passato": investimenti essenziali "per ridurre la disoccupazione", che riguarda soprattutto le donne.

(ANSAmed).

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