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Kosovo: lotta senza tregua a jihadismo, siamo in prima linea

Ministro Interno incontra Alfano. Sotto controllo moschee e Ong

27 febbraio 2015, 14:16

Redazione ANSA

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Il ministro dell 'Interno kosovaro, Skender Hyseni - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il ministro dell 'Interno kosovaro, Skender Hyseni -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Il ministro dell 'Interno kosovaro, Skender Hyseni - RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Cristiana Missori) (ANSAmed) - ROMA, 27 FEB - Lotta senza quartiere al terrorismo, al radicalismo islamico e al fenomeno dei foreign fighter. E' forse questa la cifra dell'incontro tenutosi a Roma fra il ministro dell'Interno kosovaro, Skender Hyseni e il collega, Angelino Alfano. ''Il Kosovo è in prima linea per arginare il fenomeno dei combattenti stranieri e dell'estremismo'', assicura Hyseni. ''Nessuno, infatti, può dormire sogni tranquilli''. Da anni obiettivo dell'azione di proselitismo da parte dell'Islam radicale, anche il piccolo Stato balcanico conta ai vertici dell'Isis suoi cittadini. ''La lotta è senza quartiere'', replica il ministro. ''In un anno abbiamo arrestato circa 300 fra reclutatori e predicatori'' che inneggiano al jihad, ''mentre 70 sono le persone attualmente in carcere con l'accusa di terrorismo''. Nel mirino delle autorità anche le decine di Ong arabe che oltre a finanziare la costruzione di moschee nel Paese e favoriscono la diffusione di un Islam wahabita non soltanto in Kosovo ma anche nel resto dei Balcani. ''Sappiamo quante sono e dove operano e a molte abbiamo cancellato i permessi per operare e risiedere nel Paese''. Altro tassello importante è quello di tenere d'occhio le moschee e la formazione degli imam. Da tempo il dibattito in diversi Paesi europei ruota attorno alla formazione di coloro che guidano la preghiera, alla loro iscrizione a un albo e alla lingua in cui avviene la predicazione. Una serie di provvedimenti che richiedono molto tempo, troppo, sostiene Hyseni. ''Non possiamo aspettare 5-6 anni in attesa che nasca una nuova generazione di imam. E non possiamo imporre a chicchessia di predicare in una lingua anziche un'altra. Sarebbe una grave violazione di un diritto fondamentale''. Non è un problema di forma, aggiunge, ma di sostanza, di vagliare il contenuto di quel che viene detto, aggiunge. ''La polizia kosovara è in allerta e monitora costantemente quanto accade nelle scuole religiose e all'interno delle istituzioni religiose del Paese''. In queste ore il Kosovo è confrontato a un altro grave problema: il rimpatrio di centinaia di emigranti kosovari di etnia albanese entrati illegalmente in Paesi dell'Unione europea, ai quali è stata respinta la domanda di asilo.

Rimandati in patria da Ungheria, Germania, Austria, Svezia, Finlandia, ma anche dal Belgio. In fuga da povertà e disoccupazione, cercando lavoro e migliori condizioni di vita, tanto da fare parlare di autentico esodo di massa, mettendo in allarme molti Paesi europei. ''Il vero problema è la liberalizzazione dei visti'', replica Hyseni. ''Il Kosovo - torna a ripetere una volta di più - è l'unico Paese in Europa a essere tagliato fuori. Abbiamo ormai adempiuto a tutte le richieste da parte di Bruxelles e non capisco cosa ostacoli la decisione di liberalizzare i visti nei confronti dei nostri cittadini''. A sette anni dall'indipendenza, il Kosovo versa in una situazione economica difficilissima, tanto che sono in molti a chiedersi se lo Stato sia in grado di reggere in piedi da solo. Affermazione che il responsabile dell'Interno rispedisce al mittente. ''Il Paese è in grado di stare in piedi''. E' vero, ''i dati sulla disoccupazione ci dicono che oltre il 30 per cento della popolazione è senza lavoro, ma oltre il 50 per cento di coloro che cercano di emigrare illegalmente nei Paesi vicini è in cerca di un salario migliore. Un lavoro ce lo ha già''. Il governo, dice, ''non è in grado di aumentare le retribuzioni.

Non abbiamo un solo euro di debito pubblico, ma questo vincolo stretto non ci consente di aumentare le spese''. Quello di cui il Kosovo ha estremamente bisogno ''è di investimenti stranieri per utilizzare le sue risorse naturali. Non c'è nessuna differenza tra noi e l'Albania o la Serbia''. Una stoccata agli imprenditori italiani, ancora troppo pochi per le autorità kosovare. (ANSAmed).

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