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Isis: a consiglio sicurezza Onu i cristiani perseguitati

Anche patriarca Sako a dibattito protezione minoranze Mo

27 marzo 2015, 10:24

Redazione ANSA

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Il patriarca caldeo di Baghdad, mons. Louis Raphael I Sako (d), e l 'arcivescovo Silvano Maria Tomasi (s), Osservatore permanente della Santa Sede, illustrano le persecuzioni contro i cristiani in Iraq e Siria all 'ufficio Onu di Ginevra - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il patriarca caldeo di Baghdad, mons. Louis Raphael I Sako (d), e l 'arcivescovo Silvano Maria Tomasi (s), Osservatore permanente della Santa Sede, illustrano le persecuzioni contro i cristiani in Iraq e Siria all 'ufficio Onu di Ginevra -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Il patriarca caldeo di Baghdad, mons. Louis Raphael I Sako (d), e l 'arcivescovo Silvano Maria Tomasi (s), Osservatore permanente della Santa Sede, illustrano le persecuzioni contro i cristiani in Iraq e Siria all 'ufficio Onu di Ginevra - RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Fausto Gasparroni) (ANSAmed) - ROMA - La questione dei cristiani perseguitati in Medio Oriente arriva al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Oggi al Palazzo di Vetro, a New York, il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius presiederà un "dibattito aperto", a livello ministeriale, sulla situazione delle minoranze etniche e religiose sotto attacco nella tormentata regione. Anche il segretario generale Ban Ki-moon riferirà in prima persona e così farà in video-conferenza da Ginevra l'Alto Commissario per i Diritti Umani Zeid Ra'ad Zeid Al Hussein. Davanti al Consiglio parleranno il patriarca caldeo di Baghdad, mons. Louis Raphael I Sako, e Vian Dakhil, la parlamentare irachena della minoranza yazidi che nell'agosto scorso denunciò al mondo gli orrori dell'attacco subito dalla propria comunità da parte dell'Isis nel nord dell'Iraq.

E' la prima volta che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu dedica un dibattito alla persecuzione dei cristiani e delle altre minoranze, oggi sotto assedio da parte del fondamentalismo jihadista. La Francia, come presidente di turno, ha scelto di concentrarsi su questo tema a seguito delle angoscianti segnalazioni delle diffuse e sistematiche violazioni dei diritti umani da parte del sedicente Stato islamico, come l'assedio agli yazidi, con contorni da vero e proprio genocidio, i massacri di curdi, il sequestro di centinaia di cristiani assiri e caldei nel nord-est della Siria, la decapitazione di 21 uomini, tra cui 20 cristiani-copti egiziani in Libia. A spingere ad affrontare la questione, e quindi tra i temi sul tavolo, anche la deliberata distruzione da parte dell'Isis di santuari religiosi, resti archeologici, così come il traffico di reperti d'arte per finanziare attività terroristiche.

La Francia ha diffuso una specifica nota agli Stati membri in vista del dibattito. Oggi il patriarca Sako porrà l'accento sulle sfide della comunità cristiana irachena nelle zone controllate dallo Stato islamico, sulla loro fuga da Mosul nell'agosto scorso sotto minaccia di morte se non si fossero convertiti all'islam o di pagare una "tassa religiosa", perdendo così tutti i loro beni, case, vestiti, trovando rifugio nel Kurdistan iracheno, nella zona di Erbil, dove tuttora sono profughi. Dopo l'annuncio della Francia, all'inizio del mese, di convocare un'apposita sessione del Consiglio di Sicurezza Onu, è arrivata il 13 marzo - a rilanciare ulteriormente il tema - anche la dichiarazione congiunta presentata da Vaticano, Russia e Libano al Consiglio per i diritti umani di Ginevra e sottoscritta da 65 Paesi membri dell'Onu. "Chiediamo alla comunità internazionale - si legge nel testo - di sostenere la presenza di tutte le comunità etniche religiose che hanno profonde radici storiche in Medio oriente". Comunità "che vedono minacciata la loro stessa esistenza dal cosiddetto Stato islamico, da Al Qaida e dai gruppi terroristici affiliati, sconvolgendo la vita di tutte queste comunità e creando il rischio di una scomparsa totale dei cristiani".

Più volte in questi mesi le autorità cristiane hanno denunciato la mancanza di risposte da parte della comunità internazionale alle violenze dell'Isis, un tema su cui la stessa Santa Sede è arrivata a giustificare l'uso della forza contro "l'aggressore ingiusto" - parole del Papa -: un uso della forza, visto come 'extrema ratio', da attuare comunque in modo "proporzionato" e in un quadro "multilaterale" sotto l'egida Onu. "E' in atto un genocidio" e "un'adeguata risposta da parte della comunità internazionale, che metta da parte interessi di parte per salvare vite umane, è un imperativo morale", è stato l'appello risuonato all'Onu a Ginevra da parte dell'Osservatore permanente della Santa Sede, mons. Silvano Maria Tomasi, in un discorso reso noto oggi, pronunciato alla 28/ma sessione del Consiglio per i Diritti umani.(ANSAmed).

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